Le risposte alle domande più frequenti sull'Ici, imposta comunale immobili
Sì. Il Comune può stabilire un'aliquota agevolata, nella misura del 4 per mille, relativamente ai fabbricati realizzati per la vendita e rimasti invenduti. Questa agevolazione, della durata massima di tre anni, si rivolge alle imprese che hanno per oggetto esclusivo o prevalente la costruzione e l'alienazione di immobili e riguardanti qualsiasi tipologia di edifici (non solo quindi abitazioni, ma anche uffici, negozi e box rimasti invenduti).
L'art. 1, comma 5, del D.Lgs. 27 dicembre 1997, n. 449 ha concesso ai comuni la facoltà di fissare un'aliquota Ici agevolata anche inferiore al 4 per mille, a favore dei proprietari che eseguono interventi volti al recupero di unità immobiliari inagibili, inabitabili o interventi finalizzati:
- al recupero di immobili di interesse artistico o architettonico localizzati nei centri storici;
- ovvero volti alla realizzazione di autorimesse o posti auto (anche pertinenziali) oppure all'utilizzo di sottotetti.
L'aliquota agevolata è applicata limitatamente agli immobili oggetto di detti interventi e per la durata di tre anni dall'inizio dei lavori.
Nel caso prospettato il comune competente non può richiedere l'Ici non pagata dal precedente soggetto passivo (venditore) al nuovo acquirente dell'immobile, poiché quest'ultimo soggetto riveste la qualità di contribuente dalla data di stipula dell'atto di compravendita. Ai fini dell'Ici, inoltre, non è prevista la responsabilità solidale tra i nuovi possessori di immobili e quelli precedenti (si veda art. 19 del Dlgs n. 46 del 1999).
La risoluzione ministeriale del 27 novembre 1997, n. 226/E, ha chiarito che l'aver ottenuto la riduzione della rendita catastale non dà al contribuente il diritto al rimborso della maggiore Ici pagata negli anni precedenti. Questo perché, ai sensi dell'art. 5, comma 2, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, "dovendosi assumere per ciascun anno di imposizione le rendite quali risultanti in catasto al 1° gennaio dell'anno di imposizione medesimo, le modifiche di rendita hanno effetto a decorrere dall'anno di tassazione successivo a quello nel corso del quale le modifiche medesime risultano essere state annotate negli atti catastali".
La risposta è senz'altro affermativa. I comuni infatti, ai sensi dell'art. 59, comma 1, lettera e) del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, possono "considerare abitazioni principali, con conseguente esenzione dall' Ici, quelle concesse in uso gratuito (comodato) a parenti in linea retta o collaterale, stabilendo il grado di parentela".
Poiché il caso da lei prospettato è pienamente contemplato dal regolamento comunale, può benissimo godere dell'esenzione Ici per la sua abitazione principale e per quella di suo figlio.
La risposta è affermativa, dato che nel caso descritto sussistono le condizioni per accedere all'agevolazione di cui all'articolo 1 del decreto legge 93/2008 (convertito dalla legge 126/2008), sempre che il fabbricato non risulti censito alle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. In altri termini, il concetto di "abitazione principale" del soggetto passivo (articolo 8, comma 2, del Dlgs 504/92) è ampiamente rispettato. Si tratta di un caso di locazione parziale già affrontato dal ministero delle Finanze che, con risoluzione 19 novembre 1993 protocollo 2/723, si è espresso in senso favorevole ai contribuenti.
L'esenzione dall'Ici, per entrambi i coniugi, è espressamente riconosciuta dal comma 3 dell'art. 1 del decreto legge 27 maggio 2008 n. 93 anche nel caso previsto dall'art. 6, comma 3-bis, del D. Lgs. n. 504 del 1992, concernente la disciplina della ex casa coniugale. In proposito va innanzitutto precisato che il coniuge assegnatario dell'alloggio di famiglia con provvedimento del Tribunale può usufruire dell'esenzione dato che l'immobile che occupa è da considerare abitazione principale; il coniuge non assegnatario della casa coniugale, invece, per godere dell'esenzione "non deve essere titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale su un immobile destinato ad abitazione principale situato nello stesso comune ove è ubicata la casa coniugale" ( risoluzione n. 12/DF del 5 giugno 2008, punto 5, lettera A).
Fino al giorno del completamento dei lavori, l'Ici si paga in base al valore venale dell'area fabbricabile. A fine lavori (o dall'effettiva utilizzazione del fabbricato, se precedente) l'imposta va calcolata in base alla rendita proposta con la procedura Doc-fa, disciplinata dal decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701, trattandosi di nuova costruzione.
Sì. La circolare ministeriale n. 118/E del 7 giugno 2000 prevede il versamento dell'Ici dovuta per l'intero anno, anziché in due rate, in unica soluzione nel periodo dal 1° al 16 giugno, sulla base dell'aliquota e delle detrazioni deliberate per l'anno in corso. In tal caso vanno barrate le caselle acconto e saldo nell'apposito bollettino di versamento.
Dal giorno di apertura della successione (cioè della morte del proprietario), gli eredi diventano proprietari dell'immobile o degli immobili posseduti dal de cuius. Se la successione si è aperta dopo il 17 giugno gli eredi devono effettuare un doppio versamento:
- il primo, ciascuno a proprio nome e pro quota, per il periodo in cui acquisiscono la proprietà;
- il secondo per i mesi nei quali il precedente titolare era in vita.
Se invece il familiare è deceduto prima del 17 giugno, gli eredi hanno già fatto il doppio versamento per la prima rata e dovranno pagare la seconda interamente a loro nome, ciascuno con un versamento separato.
Riguardo poi alla dichiarazione Ici, per le successioni aperte a partire dal 25 ottobre 2001. gli eredi e i legatari che abbiano presentato la dichiarazione di successione contenente beni immobili non sono obbligati a presentare la dichiarazione Ici. Infatti, gli Uffici dell'Agenzia delle Entrate che hanno ricevuto la dichiarazione di successione ne trasmettono una copia a ciascun comune nel cui territorio sono ubicati gli immobili (art. 15, comma 2, della legge 18 ottobre 2001, n. 383).
In caso di successione, il coniuge superstite vanta il diritto di abitazione sulla casa di famiglia ai sensi dell'art. 540 del codice civile e assume la qualità di soggetto passivo Ici con riferimento a tale abitazione. Al riguardo, si segnala la sentenza 1920 del 29 gennaio 2008 con la quale la Corte di cassazione (sezione tributaria) ha stabilito che il coniuge superstite, con l'apertura della successione, diviene titolare del diritto reale di abitazione della casa adibita a residenza familiare. In definitiva, l'unità immobiliare in questione rientra nel regime di esenzione dal pagamento dell'Ici (articolo 1 del decreto legge 93/2008 convertito dalla legge 126/2008), essendo l'abitazione principale del soggetto passivo (coniuge superstite). La denuncia di successione vale anche ai fini Ici. Sono le Agenzie delle Entrate a comunicare agli enti locali l'avvenuto passaggio di proprietà.
Se il comune ha equiparato, ai sensi dell'articolo 59, comma 1, lettera e) del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, le case date in comodato a parenti in linea retta o collaterale - stabilendo il grado di parentela - che le destinino ad abitazione principale, lei può ancora fruire dell'esenzione Ici per l'abitazione concessa in uso gratuito a sua figlia, a condizione che questa vi dimori abitualmente e ciò risulti dall'iscrizione anagrafica. Riguardo al secondo quesito, deve inviare al comune la denuncia di variazione.
L'art; 10, comma 6 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (così come sostituito dall'art. 1, comma 173, lettera c, legge 296/2006) stabilisce che "per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa il curatore o il commissario liquidatore, entro novanta giorni dalla data della loro nomina, devono presentare al comune di ubicazione degli immobili una dichiarazione attestante l'avvio della procedura. Detti soggetti sono, altresì, tenuti al versamento dell'imposta dovuta per il periodo di durata dell'intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili".
La risoluzione n. 12/DF del 5 giugno 2008, punto 6, lettera B, ritiene che detti alloggi - pur in presenza dell'altra condizione, quale lo stato di non locazione - non rientrino nell'esonero dall'Ici.
Il comune, con propria deliberazione, può assimilare all'abitazione principale, con i conseguenti benefici ai fini Ici, l'unità immobiliare posseduta, a titolo di proprietà o di usufrutto, da anziani o disabili che acquisiscono in modo permanente la residenza in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l'unità stessa non sia locata. Non le resta quindi che informarsi presso l'ufficio tributi del Comune competente.
La richiesta del comune appare legittima, dato che il terreno in questione va considerato edificabile a tutti gli effetti fiscali e, in particolare, ai fini dell'applicazione dell'Ici. Infatti, ai sensi dell'articolo 36, comma 2, del decreto legge 223/2006 (convertito dalla legge 248/2006), un'area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall'approvazione della regione e dall'adozione di strumenti attuativi del piano generale. Naturalmente, la circostanza che trattasi di un lotto inferiore al minimo consentito per l'utilizzazione edificatoria si riflette sulla quantificazione della base imponibile che, essendo rappresentata dal valore venale in comune commercio, sarà sicuramente di modesto ammontare (si veda Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 25506 del 30 novembre 2006).
No. La circolare ministeriale n. 118/E del 7 giugno 2000 ha ribadito che in caso di maggiori versamenti effettuati per annualità precedenti non è consentito procedere autonomamente alla compensazione con le somme da versare per l'anno 2007. L'Ici o la maggiore imposta indebitamente versata può essere recuperata solo mediante un'apposita domanda di rimborso da presentare al competente comune.
Il ministero delle Finanze, già con circolare n. 96/E del 29 aprile 1999 e recentemente con circolare n. 118/E del 7 giugno 2000, ha precisato che " i versamenti effettuati dai contribuenti sul conto corrente postale del concessionario della riscossione o presso i suoi sportelli, anziché direttamente al comune, devono essere assunti come validamente eseguiti, a norma dell'art. 13, comma 3, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471. A tal fine deve prendersi, come riferimento, la data apposta sul bollettino dall'ufficio postale ovvero dall'ufficio del concessionario".
Nessun dubbio quindi sulla validità del suo versamento.
I contribuenti che non hanno versato la seconda rata Ici entro il 16 dicembre 2010, se si ravvedono entro 30 giorni, cioè entro il 17 gennaio 2011 (il 15 gennaio cade di sabato), devono versare l'imposta dovuta, la sanzione del 2,50%, più gli interessi legali (dell' 1% fino al 31 dicembre 2010 e dell'1,5% annuo dal 1° gennaio 2011) calcolati con maturazione giornaliera a partire dal giorno successivo alla scadenza non rispettata e fino alla data di effettivo versamento.
Se la regolarizzazione viene effettuata dopo i 30 giorni, ma entro il termine per la successiva dichiarazione Ici (se dovuta) ovvero entro un anno dalla data dell'infrazione, la sanzione sale al 3% fino al 31 gennaio 2011 e al 3,75% dal 1° febbraio 2011, più gli interessi legali dell' 1,5% annuo, calcolati con maturazione giornaliera fino alla data dell'effettivo versamento.
Le somme relative all'imposta, alla sanzione ed agli interessi vanno versate cumulativamente, usando il normale bollettino di pagamento, tranne che il comune abbia stabilito diverse modalità di versamento.
L'imposta dovuta va indicata esattamente nelle caselle descrittive, mentre l'intero importo (imposta + sanzione ridotta + interessi) va riportato nel totale del bollettino. Va specificato l'anno d'imposta e barrata la casella "ravvedimento operoso". Il ravvedimento tramite F24 va effettuato barrando la casella "Ravv." e utilizzando i codici tributo "3906" e "3907" rispettivamente per interessi e sanzioni.
L'art. 8, comma 2, del Dlgs n. 504/1992, così come modificato dall'art. 1, comma 173, lettera b, della legge 296 del 2006, stabilisce che per abitazione principale deve intendersi quella di residenza anagrafica, salvo prova contraria.
Pertanto non è possibile usufruire dell'esenzione dal tributo comunale (Ici) per l'abitazione principale se non si ha la residenza nello stesso comune in cui si abita.
L'art. 2 della legge 9 dicembre 1998 n. 431, che disciplina la locazione degli immobili ad uso abitativo, prevede che i comuni possono deliberare aliquote più favorevoli per i proprietari che concedono in locazione unità immobiliari a titolo di abitazione principale. E' necessario pertanto rivolgersi al Comune competente per verificare l'esistenza di apposita delibera.
Nel caso prospettato, tutti gli eredi sono soggetti passivi, ciascuno per la propria quota (25%), ma solo la sorella, che dimora abitualmente nell'immobile ereditato, gode dell'esenzione Ici, trattandosi di abitazione principale ai sensi del vigente articolo 8, comma 2, del Dlgs 504/92, mentre i fratelli sono tenuti a versare l'imposta pro-quota (25%) dal giorno della scomparsa della defunta madre, poiché per loro si tratta di "altro fabbricato", anche se c'è un anno per accettare l'eredità.
Gli eredi non devono presentare la dichiarazione Ici, per segnalare l'avvenuto cambio di possesso. La denuncia di successione per i beni immobili vale, infatti, ai fini Ici. Sarà l'Agenzia delle Entrate a comunicare all'ente locale l'avvenuto passaggio di proprietà.
Al Comune sul cui territorio sono ubicati gli immobili dichiarati. Se gli immobili sono situati in più comuni, devono essere compilate tante dichiarazioni quanti sono i comuni. L'immobile situato nel territorio di più comuni, si considera ubicato interamente nel Comune nel quale si trova la maggior parte della sua superficie.
Ciascun contitolare deve dichiarare la propria quota di possesso, ma la normativa vigente permette ad uno qualsiasi dei contitolari di presentare la dichiarazione congiunta per l'intero immobile, con l'indicazione di tutti gli altri possessori.
La dichiarazione può essere spedita in busta bianca, a mezzo raccomandata senza ricevuta di ritorno, all'ufficio Tributi del Comune dove è situato l'immobile, riportando sulla busta la dicitura "DICHIARAZIONE ICI 2010". In tal caso, la dichiarazione si considera presentata nel giorno in cui è stata consegnata all'ufficio postale. Nella busta vanno inserite la dichiarazione originale per il Comune e la copia per l'elaborazione meccanografica, mentre la terza copia resta al contribuente.
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