CIRCOLARE 10 LUGLIO 1998, N. 180 DEL MINISTERO DELLE FINANZE
OGGETTO: Iva Accertamento Riscossione Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 e successive modificazioni ed integrazioni.
omissis
Articolo 13 - Ravvedimento
1. La sanzione e' ridotta, sempreche' la violazione non sia stata gia'
constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre
attivita' amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti
solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza:
a) ad un ottavo del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un
acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data
della sua commissione;
b) ad un sesto del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle
omissioni, anche se incidenti sulla determinazione e sul pagamento del
tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione
relativa all'anno nel corso del quale e' stata commessa la violazione
ovvero, quando non e' prevista dichiarazione periodica, entro un anno
dall'omissione o dall'errore;
c) ad un ottavo del minimo di quella prevista per l'omissione della
presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo
non superiore a trenta giorni.
2. Il pagamento della sanzione ridotta deve essere eseguito contestualmente
alla regolarizzazione del pagamento del tributo o della differenza, quando
dovuti, nonche' al pagamento degli interessi moratori calcolati al tasso
legale con maturazione giorno per giorno.
3. Quando la liquidazione deve essere eseguita dall'ufficio, il
ravvedimento si perfeziona con l'esecuzione dei pagamenti nel termine di
sessanta giorni dalla notificazione dell'avviso di liquidazione.
4. Il ravvedimento del contribuente nei casi di omissione o di errore non
incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo esclude
l'applicazione della sanzione, se la regolarizzazione avviene entro tre mesi
dall'omissione o dall'errore.
5. Le singole leggi ed atti aventi forza di legge possono stabilire, ad
integrazione di quanto previsto nel presente articolo, ulteriori circostanze
che importino l'attenuazione della sanzione.
1. Nel nuovo ordinamento sanzionatorio tributario, in vigore dal 1 aprile
1998, l'istituto del ravvedimento ha trovato una sua sistemazione organica ed
una disciplina tendenzialmente unitaria nei riguardi di tutti i tributi,
grazie all'art. 13 del d.lgs. n. 472 che, per un verso, ha generalizzato la
portata delle disposizioni gia' presenti nel campo dell'I.V.A. (art. 48 del
D.P.R. n. 633 del 1972) e delle imposte dirette (artt. 9 e 54 del D.P.R.
n. 600 del 1973) ma, per altro verso, ha apportato in materia novita' di non
poco conto.
Le finalita' del ravvedimento sono quelle di permettere all'autore (o
agli autori) ed ai soggetti solidamente obbligati di rimediare spontaneamente,
secondo modalita' ed entro precisi limiti temporali stabiliti dalla norma,
alle omissioni e alle irregolarita' commesse, beneficiando cosi' di una
consistente riduzione delle sanzioni amministrative previste o, addirittura,
in taluni casi, della non applicazione delle sanzioni stesse, con possibili
riflessi positivi anche agli effetti penali.
La norma ha mantenuto il principio secondo cui il ravvedimento non e'
consentito una volta che siano iniziati controlli fiscali nei confronti del
contribuente. Tale limitazione serve, ovviamente, a preservare l'efficacia
dissuasiva dei controlli stessi, ad evitare cioe' che il trasgressore persista
nella sua posizione di illegalita', con la riserva mentale di rimuovere gli
effetti di tale comportamento solo una volta scoperto.
In particolare, dispone la citata norma che la facolta' di
ravvedimento e' preclusa:
- dalla gia' avvenuta constatazione della violazione;
- dall'inizio di accessi, ispezioni o verifiche;
- dall'inizio di altre attivita' amministrative di accertamento delle quali
l'autore o i soggetti solidamente obbligati abbiano avuto formale
conoscenza.
La prima categoria di preclusioni non comporta particolari problemi
applicativi. Occorre solo precisare che le constatazioni cui allude la norma
sono chiaramente quelle "esterne" o, comunque, gia' portate a conoscenza degli
interessati. Pertanto, il ravvedimento deve intendersi consentito in ordine a
quelle violazioni gia' constatate dall'ufficio o ente impositore ma non ancora
formalmente portate a conoscenza, mediante notifica, dell'autore della
violazione o dei soggetti solidamente responsabili.
Relativamente alla seconda categoria di cause ostative, il principale
riferimento normativo e' costituito dall'art. 52 della legge sull'I.V.A.,
richiamato in maniera espressa o implicita in altri settori tributari (imposte
sui redditi, imposta di registro, sulle successioni, ecc.). Al riguardo si
ritiene di dover chiarire che qualora l'accesso, l'ispezione o la verifica
riguardino specifici periodi d'imposta, il ravvedimento rimane esperibile per
le violazioni commesse in periodi d'imposta diversi da quello (o quelli)
oggetto di controllo. Ugualmente dicasi circa la possibilita' di
regolarizzazione per le violazioni relative ad un tributo diverso da quello
oggetto di verifica.
Per quanto concerne, poi, l'inizio di "altre attivita' amministrative
di accertamento", la norma ha inteso riferirsi, in via principale, alla
notifica di "inviti", "richieste", "questionari", ecc. di cui agli artt. 51,
comma secondo, del D.P.R. n. 633 del 1972 e 32 del D.P.R. n. 600 del 1973. Da
notare che, secondo la previgente normativa, l'avvenuta notifica di tali atti,
non costituiva intervento preclusivo del ravvedimento nel campo dell'I.V.A.,
diversamente da quanto accadeva nel settore delle imposte sui redditi. Tale
disparita' tra i due sistemi e' ora venuta meno.
Ancora, va chiarito che l'esistenza di cause ostative va riferita, per
espressa previsione normativa, non solo all'autore della violazione ma anche
"ai soggetti solidamente obbligati" al pagamento della sanzione. Cosi'
esemplificando, l'inizio di una verifica nei confronti di una societa'
impedisce ogni possibilita' di ravvedimento anche alla persona fisica che,
agendo per conto della societa', abbia commesso la violazione. Cio', peraltro,
non significa che, una volta constatata la violazione obiettivamente
considerata, la via del ravvedimento sia preclusa nei confronti di tutti i
soggetti che vi possono essere implicati. La legge, infatti, limita l'effetto
estensivo della preclusione solo ai soggetti obbligati in solido. Deve
ritenersi, quindi, che la gia' avvenuta constatazione di una violazione un
materia di I.V.A. nei confronti del cedente non pregiudichi la possibilita' di
regolarizzazione del cessionario (altro soggetto coinvolto nell'infrazione ma
non responsabile in solido) prima della formale constatazione o dell'inizio
della verifica nei riguardi di quest'ultimo.
Da ultimo, va osservato che la norma fa espresso riferimento al
carattere "amministrativo" dell'attivita' tendente all'accertamento
dell'infrazione. Non costituisce, pertanto, impedimento alla regolarizzazione
l'avvio di indagini di natura penale (ispezioni, perquisizioni, sequestri,
avvisi di garanzia, ecc.) dalle quali puo' eventualmente risultare notizia di
una violazione tributaria. Sul punto, vigente il precedente regime, si
registravano opinioni contrastanti sia in dottrina che in giurisprudenza (nel
senso che tali atti non sono ostativi del ravvedimento, cfr. Cass., sez. III,
13 gennaio 1996, n. 4140).
2. Dal testo dell'art. 13 e' possibile enucleare almeno tre tipologie di
ravvedimento, a seconda che lo stesso si perfezioni - entro le soglie
temporali previste - con la semplice rimozione formale della violazione
commessa o se ai fini della regolarizzazione, sia anche necessario il
pagamento (contestuale o meno) della sanzione ridotta, del tributo dovuto e
dei relativi interessi moratori.
Piu' esattamente, la prima tipologia e' quella prevista dal comma 4 e
riguarda gli errori e le omissioni che non incidono sulla determinazione e sul
pagamento del tributo. Il ravvedimento relativo a tali infrazioni esclude
l'applicazione delle previste sanzioni se la regolarizzazione interviene entro
tre mesi dall'omissione o dall'errore. Esso si sostanzia, quindi, nel solo
adempimento tardivo dell'obbligo imposto.
Rientrano nella suddetta tipologia tutte le violazioni formali
(particolarmente numerose in certi settori impositivi, come quello
dell'I.V.A.), nonche' talune violazioni di natura potenzialmente sostanziale,
a condizione che le stesse, nel caso concreto, non abbiano inciso sulla
determinazione e sul versamento dell'imposta. Si pensi, nel campo dell'I.V.A.,
ad una fattura afferente un'operazione imponibile emessa o annotata con un
ritardo talmente esiguo da consentire ugualmente la computazione della
relativa imposta nella liquidazione periodica di competenza.
La seconda tipologia di ravvedimento e' disciplinata dal combinato
disposto dei commi 1 e 2 dell'art. 13 e, come gia' detto, fa dipendere il
beneficio dal trattamento premiale, oltre che dalla rimozione formale della
violazione anche dal contestuale versamento della sanzione ridotta, del
tributo (se dovuto) e degli interessi moratori (sul solo tributo) calcolati al
tasso legale, attualmente del 5 per cento annuo, con maturazione giorno per
giorno. L'entita' dell'attenuazione della sanzione e' diversa (un ottavo
oppure un sesto della misura minima edittale) in funzione della natura della
violazione e del tempo intercorrente tra la data in cui l'infrazione e' stata
commessa e quella in cui interviene il ravvedimento, all'interno, com'e'
ovvio, dei limiti temporali fissati dalla norma.
In particolare, ai sensi della lettera a) del citato comma 1, la
sanzione e' ridotta ad un ottavo del minimo, nei casi di mancato pagamento del
tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni
dalla data della sua commissione.
Anche se la norma, ai fini del computo dei trenta giorni, fa espresso
riferimento alla data della "commissione" della violazione, il dies a quo deve
in ogni caso identificarsi con quello di scadenza del termine. Pertanto,
ipotizzando un insufficiente versamento eseguito in data antecedente a quella
di scadenza, i trenta giorni per la regolarizzazione (in questo caso,
integrazione del versamento) non decorreranno dall'inesatto adempimento ma dal
giorno di scadenza del termine originario.
Tenuto conto, poi, che secondo la previsione di carattere generale
contenuta nell'art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997, "ogni ipotesi di
mancato pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto" e'
punita con la sanzione del 30 per cento, la misura ridotta cui allude la
cennata lettera a) e' pari al 3,75 per cento per tutti i tributi.
Riepilogando, perche' si perfezioni la fattispecie di ravvedimento in
esame, e' necessario che, entro il termine di trenta giorni (da ritenere
essenziale), avvenga il pagamento:
- dell'imposta o della differenza d'imposta dovuta;
- degli interessi legali (commisurati sull'imposta) maturati dal giorno in cui
il versamento avrebbe dovuto essere effettuato a quello in cui viene
effettivamente eseguito;
- della sanzione pari al 3,75 per cento dell'imposta versata in ritardo.
In mancanza anche di uno solo dei citati pagamenti il ravvedimento non
puo' operare.
Secondo la disposizione contenuta nella successiva lettera b), la
sanzione e' ridotta a un sesto del minimo, se la regolarizzazione degli errori
o delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione e sul pagamento del
tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione
relativa all'anno nel corso del quale e' stata commessa la violazione ovvero,
quando non e' prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall'omissione o
dall'errore.
La locuzione "errori ed omissioni, anche se incidenti sulla
determinazione e sul pagamento del tributo" e' talmente ampia da abbracciare
tutte le violazioni ipotizzabili, ad esclusione delle fattispecie ricomprese
nella previsione della lettera c) (non di tutte come si vedra') e di quelle
non dovute ad "errori od omissioni" delle quali si dira' a parte.
Proprio per il suo carattere tendenzialmente onnicomprensivo la
previsione della lettera b) assorbe quella della precedente lettera a), nel
senso che il soggetto che ha omesso di versare un'imposta alla prescritta
scadenza puo' rimediare all'inadempimento (effettuando i dovuti pagamenti)
entro trenta giorni dalla commessa violazione, beneficiando della riduzione
della sanzione ad un ottavo, ossia al 3,75 per cento, oppure, a propria
scelta, entro i piu' ampi margini previsti dalla lettera b), usufruendo in tal
caso della riduzione della sanzione ad un sesto, cioe' al 5 per cento.
In ogni caso - e' bene ripeterlo - il ravvedimento si perfeziona
allorquando siano state eseguite tutte le incombenze richieste dalla legge.
Pertanto se, esemplificando, l'imposta viene versata entro trenta giorni dalla
scadenza ma i relativi interessi o la sanzione vengono corrisposti entro i
termini previsti dalla lettera b), la riduzione spettante sara' pari a un
sesto e non ad un ottavo. Tutto cio', sempreche' nelle more non vi siano stati
interventi preclusivi da parte degli organi competenti.
A proposito delle due soglie temporali previste dalla disposizione in
esame ("termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel
corso del quale e' stata commessa la violazione" e "un anno dall'omissione o
dall'errore") si chiarisce che la diversificazione e' in sostanza correlata
alla distinzione tra i c.d. "tributi periodici" cui inerisce un obbligo di
dichiarazione che si rinnova appunto periodicamente (es. imposte sui redditi,
I.V.A.) e i c.d. "tributi istantanei" che tale obbligo non configurano (es.
imposta di registro, sulle successioni).
Gli errori ed omissioni sanabili ai sensi della lettera b) sono
"anche" quelli che incidono sulla determinazione e sul pagamento del tributo.
Ne consegue che rientrano nella suddetta previsione "anche" le infrazioni di
carattere formale, gia' trattate esaminando la prima tipologia di
ravvedimento.
Vi rientrano anche gli omessi versamenti dell'I.V.A. dovuti ad errori
materiali o di calcolo rilevabili dall'ufficio in sede di controllo della
dichiarazione, ai sensi dell'art. 60, comma sesto, del D.P.R. n. 633, nonche'
quelle violazioni in materia di imposte sui redditi rilevabili in sede di
liquidazione ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600, gia'
escluse dalla regolarizzazione in base alla previgente normativa in materia.
Ancora, e' da ricomprendere nel novero delle violazioni suscettibili
di regolarizzazione l'ipotesi prevista dall'art. 70, secondo comma, del D.P.R.
n. 633 di utilizzo del "plafond" oltre i limiti consentiti, per operazioni
d'importazione.
Anche l'integrazione (in aumento) delle dichiarazioni validamente
presentate nei settori dell'IVA e delle imposte sui redditi costituiscono
ipotesi di ravvedimento implicitamente disciplinate dalla previsione della
lettera b).
Al riguardo, per quanto concerne l'I.V.A., va ricordato che la
possibilita' di regolarizzare direttamente una dichiarazione infedele non era
prevista dall'art. 48, primo comma, del D.P.R. n. 633 che, ai fini del
ravvedimento, faceva testuale riferimento alle omissioni e irregolarita'
"relative ad operazioni imponibili" tra le quali non potevano essere
ricomprese quelle riguardanti la dichiarazione annuale. In materia di imposte
sui redditi, poi, la facolta' di procedere ad integrazione della dichiarazione
era espressamente esclusa per i sostituti d'imposta dall'art. 9, ottavo comma,
del D.P.R. n. 600.
Poiche', come si e' detto, la citata lett. b) dell'art. 13 non
contiene specificazioni limitative in tal senso, l'integrazione anche delle
suddette dichiarazioni e' da ritenere ora consentita "entro il termine di
presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale e'
stata commessa la violazione". Cosi', per esempio, una violazione per infedele
dichiarazione I.V.A. relativa all'anno 1997 deve ritenersi commessa nel 1998,
con la presentazione della dichiarazione, e puo' quindi essere sanata entro il
termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno 1998
(giugno 1999).
Prima di proseguire con l'esame di altre fattispecie, sembra opportuno
ribadire che il termine "contestualmente" che si rinviene nel comma 2
dell'art. 3 (e che gia' prima era contenuto nell'art. 48 del D.P.R. n. 633)
non deve essere inteso nel senso che tutte le incombenze previste ai fini del
ravvedimento (rimozione formale della violazione e pagamento delle somme
dovute) debbano avvenire nel "medesimo giorno" ma, com'e' logico che sia,
entro lo stesso "limite temporale" (trenta giorni, un anno, ecc.) previsto
dalla norma.
Se la violazione consiste nell'omessa presentazione della
dichiarazione, la possibilita' del ravvedimento e', in linea di massima,
esercitabile in tempi molto ristretti. La lettera c) dell'art. 13, infatti,
accorda la riduzione della sanzione ad un ottavo del minimo solo se la
dichiarazione viene presentata e i relativi versamenti eseguiti, entro trenta
giorni dalla scadenza.
La previsione della lettera c) e' in linea con la regola stabilita nel
settore dell'IVA e delle imposte sui redditi, che considerano omessa la
dichiarazione annuale presentata con un ritardo superiore a trenta giorni
rispetto al termine di scadenza. Per i tributi anzidetti esiste, pertanto, un
solo limite temporale (di trenta giorni appunto) entro il quale poter
regolarizzare l'omessa presentazione della dichiarazione.
Si ritiene, peraltro, che l'espressione "dichiarazione" usata nella
specie dal legislatore debba essere intesa in senso lato e, quindi,
comprensivo anche delle nozioni di "atto" o "denuncia", proprie dell'imposta
di registro, o della "dichiarazione di successione". Inoltre, va rilevato che
in ordine a tali tributi non esiste alcuna disposizione che equipari
all'omissione la presentazione della dichiarazione con un ritardo superiore a
trenta giorni. Ne consegue che, nelle suddette materie, esistono due soglie
temporali entro le quali e' possibile regolarizzare l'omissione: quella di
trenta giorni stabilita dalla lettera c), con riduzione della sanzione ad un
ottavo del minimo, e quella di un anno prevista dalla lettera b), cui consegue
la riduzione ad un sesto del minimo.
La terza tipologia di ravvedimento e' quella disciplinata in maniera
specifica dal comma 3 dell'art. 13 e si riferisce ai tributi che, in linea di
massima, non possono essere liquidati dal contribuente (quali, ad esempio,
registro e successioni).
Prevede tale norma che, quando la liquidazione deve in via
istituzionale essere effettuata dall'ufficio (e quindi il contribuente non e'
in grado di adempiere alle prescrizioni del comma 2, ossia di pagare
"contestualmente" il tributo dovuto, i relativi interessi e la sanzione
ridotta, non essendo tenuto a quantificarne l'ammontare), il ravvedimento si
perfeziona con l'esecuzione dei pagamenti entro il termine di sessanta giorni
dalla notificazione dell'avviso di liquidazione.
Piu' esattamente, nella suddetta ipotesi il ravvedimento deve
necessariamente essere articolato in due fasi:
- entro i termini indicati nel comma 1 dell'art. 13 (trenta giorni o un anno,
a seconda dei casi) e sempreche' non sussistano cause ostative,
l'interessato deve procedere alla rimozione formale dell'inadempimento,
provvedendo, per esempio, a produrre l'atto o la denuncia per la
registrazione o a presentare la dichiarazione di successione;
- successivamente, l'ufficio provvedera' a notificare alla parte apposito
avviso contenente la liquidazione dell'imposta dovuta, degli interessi
legali maturati fino al giorno in cui e' stato rimosso l'inadempimento, e
della sanzione nella misura ridotta. Tale atto deve contenere l'avvertenza
che viene notificato al preciso scopo di rendere possibile il
perfezionamento del ravvedimento.
E' il caso di precisare che un eventuale mancato pagamento nel termine
di sessanta giorni rende inefficace la regolarizzazione e consente all'ufficio
di applicare la sanzione nella misura intera.
Invece della particolare procedura ora illustrata, deve essere seguita
quella ordinaria (con pagamento contestuale delle somme dovute) quando, pur
nell'ambito di tali tributi, si tratta di regolarizzare infrazioni di natura
formale e non vi sia quindi alcuna imposta da liquidare ovvero infrazioni
relative ad un'imposta gia' liquidata (es. tardivita' di pagamento).
3. Come risulta da quanto finora esposto, l'ambito applicativo del
ravvedimento e' stato dal nuovo ordinamento sanzionatorio ampliato a tal punto
da riguardare tendenzialmente la totalita' delle violazioni tributarie.
Tuttavia, dal tenore letterale della disposizione contenuta nel comma
1, lettera b), dell'art. 13 e' individuabile una implicita ma chiara
limitazione all'esercizio della facolta' di cui trattasi.
Si ritiene, infatti, che l'espresso riferimento di tale norma alla
"regolarizzazione degli errori e delle omissioni" si traduca inevitabilmente
in una preclusione, circa la possibilita' di ravvedimento, nei confronti di
quei comportamenti antigiuridici che non abbiano origine da un errore o da
un'omissione.
Tipico e' il caso delle fatture per operazioni inesistenti, che assume
rilevanza sia nel campo dell'IVA che in quello delle imposte sui redditi.
Com'e' noto, il problema dell'applicabilita' del ravvedimento anche alla
suddetta ipotesi era stato risolto, sotto il previgente regime, in senso
favorevole dalla Suprema Corte di Cassazione (cfr. sentenza 24 luglio 1995,
n. 2215) senza, pero', che al riguardo fosse possibile intravedere un
principio giurisprudenziale consolidato. Ad opposte conclusioni si deve,
invece, pervenire sulla base della nuova norma, non potendosi ovviamente
sostenere che sia stato commesso un semplice "errore", o tanto meno una
"omissione", da parte di chi abbia emesso o utilizzato una fattura a fronte di
un'operazione inesistente.
Le stesse considerazioni valgono, com'e' ovvio, per altre fattispecie
di violazioni caratterizzate da condotte fraudolente.
4. Si e' detto che il principale effetto giuridico che trae origine dal
ravvedimento consiste nella riduzione (o addirittura nella non applicazione)
della sanzione amministrativa relativa all'inadempimento regolarizzato. Al
riguardo, non appare superfluo chiarire che, ai fini del ravvedimento, le
singole violazioni non possono essere cumulate giuridicamente secondo le
regole sul concorso di violazioni e sulla continuazione di cui all'art. 12 del
d.lgs. n. 472, per l'assorbente rilievo che le disposizioni contenute nello
stesso possono essere applicate solo dagli uffici o enti impositori, in sede
di irrogazione di sanzioni.
Un altro effetto e' che la violazione regolarizzata non puo' essere
considerata "precedente della stessa indole" ai fini della recidiva prevista
dall'art. 7, comma 3, del d.lgs. n. 472 ne' puo' costituire presupposto per
l'applicazione di sanzioni accessorie.
5. Rimane da dire in ordine agli effetti che il ravvedimento produce sul piano
penale.
Com'e' noto, secondo il previgente regime, i benefici derivanti
dall'utilizzo dello strumento del ravvedimento non erano limitati all'ambito
amministrativo ma si estendevano anche al profilo penale. Ed invero,
considerato che numerose violazioni amministrative costituiscono fattispecie
penalmente perseguibili, l'art. 14, comma 5, della legge 29 dicembre 1990,
n. 408, aveva collegato alla regolarizzazione amministrativa in materia di
I.V.A. e di imposte sui redditi una specifica causa di esclusione della
punibilita', limitata tuttavia ai reati previsti dal D.L. n. 429 del 1982,
convertito nella legge n. 516 del 1982. Successivamente, nel settore dell'IVA,
l'art. 1, comma 3, del D.L. n. 330 del 1994, convertito nella legge n. 473 del
1994, nel riformulare l'intero primo comma dell'art. 48 del D.P.R. n. 633,
aveva ampliato l'ambito operativo della causa di esclusione della punibilita'
estendendolo ai reati previsti da "altre disposizioni legislative in materia
di imposta sul valore aggiunto".
Ora, l'art. 13 del d.lgs. n. 472 nulla dice circa gli eventuali
effetti penali del ravvedimento. Cio', peraltro, non significa che tali
effetti siano oggi venuti meno.
Si deve tener conto, infatti, che la delega contenuta nell'art. 3,
comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha riguardato esclusivamente
la revisione organica e il completamento della disciplina del sistema
sanzionatorio tributario "non penale". Pertanto, la riscontrata mancanza
nell'art. 13 di previsioni in merito agli effetti penali del ravvedimento non
puo' essere intesa come manifestazione di una contraria volonta' legislativa
ma semplicemente come avvenuto rispetto dei limiti imposti dalla legge delega.
Ne consegue che, nei limiti delle integrazioni e delle
regolarizzazioni effettuate ai sensi del piu' volte citato art. 13, devono
tuttora ritenersi operanti le cause di non punibilita' stabilite dalle
previgenti richiamate norme.
A tali fini non puo' assumere rilevanza il fatto che l'art. 48 (a
differenza dell'art. 14, comma 5, della legge n. 408 del 1990) sia stato
espressamente abrogato dall'art. 16 del d.lgs. n. 471. Per non sconfinare
nell'eccesso di delega, infatti, tale abrogazione non puo' riguardare le
disposizioni aventi riflessi penali, contenute nel menzionato art. 48.
omissis
Articolo 16 - Procedimento di irrogazione delle sanzioni
1. La sanzione amministrativa e le sanzioni accessorie sono irrogate
dall'ufficio o dall'ente competenti all'accertamento del tributo cui le
violazioni si riferiscono.
2. L'ufficio o l'ente notifica atto di contestazione con indicazione, a
pena di nullita', dei fatti attribuiti al trasgressore, degli elementi
probatori, delle norme applicate, dei criteri che ritiene di seguire per la
determinazione delle sanzioni e della loro entita', nonche' dei minimi
edittali previsti dalla legge per le singole violazioni.
3. Nel termine di sessanta giorni dalla notificazione, il trasgressore e i
soggetti obbligati in solido, possono definire la controversia con il
pagamento di un importo pari ad un quarto della sanzione indicata e comunque
non inferiore ad un quarto dei minimi edittali previsti per le violazioni piu'
gravi relative a ciascun tributo. La definizione agevolata impedisce
l'irrogazione delle sanzioni accessorie.
4. Se non addivengono a definizione agevolata, il trasgressore e i soggetti
obbligati in solido possono, entro lo stesso termine, produrre deduzioni
difensive. In mancanza, l'atto di contestazione si considera provvedimento di
irrogazione, impugnabile ai sensi dell'articolo 18 sempre entro il termine di
sessanta giorni dalla sua notificazione.
5. L'impugnazione immediata non e' ammessa e, se proposta, diviene
improcedibile qualora vengano presentate deduzioni difensive in ordine alla
contestazione.
6. L'atto di contestazione deve contenere l'invito al pagamento delle somme
dovute nel termine di sessanta giorni dalla sua notificazione, con
l'indicazione dei benefici di cui al comma 3 ed altresi' l'invito a produrre
nello stesso termine, se non si intende addivenire a definizione agevolata, le
deduzioni difensive e, infine, l'indicazione dell'organo al quale proporre
l'impugnazione immediata.
7. Quando sono state proposte deduzioni, l'ufficio, nel termine di
decadenza di un anno dalla loro presentazione, irroga, se del caso, le
sanzioni con atto motivato a pena di nullita' anche in ordine alle deduzioni
medesime. Tuttavia, se il provvedimento non viene notificato entro centoventi
giorni, cessa di diritto l'efficacia delle misure cautelari concesse ai sensi
dell'articolo 22.
L'articolo 16 disciplina in modo tendenzialmente unitario il
procedimento di irrogazione delle sanzioni pecuniarie e di quelle accessorie,
introducendo talune innovazioni che vanno al di la' degli aspetti meramente
procedurali per riflettersi anche su un piano sostanziale.
1. Il comma 1 individua gli organi titolari della potesta' di irrogazione
delle sanzioni negli uffici dell'amministrazione finanziaria o negli enti
locali competenti all'accertamento del tributo cui le violazioni si
riferiscono.
Il procedimento inizia con la notifica, da parte dell'ufficio o ente,
di un apposito atto di contestazione all'autore della violazione. Qualora la
contestazione riguardi una violazione che abbia inciso sulla determinazione o
sul pagamento del tributo, la notificazione dell'atto deve avvenire anche ai
soggetti obbligati in solido, se, com'e' ovvio, l'ufficio o l'ente intendono
agire nei confronti di questi.
Il procedimento in esame deve essere obbligatoriamente utilizzato per
l'irrogazione delle sanzioni relative a violazioni non incidenti sulla
determinazione o sul pagamento del tributo (c.d. violazioni formali), mentre
puo' essere facoltativamente utilizzato per le sanzioni collegate al tributo
cui si riferiscono (che possono anche essere inflitte direttamente con l'atto
di accertamento o di rettifica ai sensi dell'art. 17, comma 1) e per le
sanzioni relative agli omessi e ritardati versamenti (che possono anche essere
irrogate mediante iscrizione a ruolo ai sensi dell'art. 17, comma 3, e che, in
ogni caso, non sono definibili in via agevolata).
In funzione anche di una eventuale migliore difesa in sede processuale
e' opportuno che il procedimento in rassegna venga utilizzato in tutti i casi
in cui si intendano irrogare sanzioni per violazioni commesse con dolo o colpa
grave al trasgressore non coincidente con il soggetto passivo del tributo.
Cio' in quanto il contraddittorio anticipato puo' consentire di acquisire
elementi utili per una piu' ponderata valutazione dell'elemento soggettivo
proprio della violazione contestata, rendendo quindi possibili correzioni
istruttorie in modo da non esporre il successivo eventuale atto di irrogazione
a censure di infondatezza o illegittimita'.
L'atto deve contenere, a pena di nullita':
- l'indicazione dei fatti materiali attribuiti al trasgressore, degli elementi
probatori, delle norme applicabili e dei criteri seguiti per la
determinazione delle sanzioni e della loro entita';
- l'indicazione dei minimi edittali previsti dalla legge per le singole
violazioni.
L'atto di contestazione deve inoltre contenere:
- l'invito al pagamento delle somme dovute nel termine di sessanta giorni
dalla sua notificazione, con l'indicazione dei benefici in tal caso
spettanti: riduzione della sanzione ad un quarto della misura indicata e
comunque a un importo non inferiore ad un quarto dei minimi edittali
previsti per le violazioni piu' gravi relative a ciascun tributo
(nell'ipotesi di sanzioni relative agli omessi o ritardati versamenti, deve
invece essere evidenziato che non e' ammessa la definizione agevolata); non
applicabilita' delle eventuali sanzioni accessorie relative alle violazioni
contestate; non considerazione della violazione ai fini della recidiva di
cui all'art. 7, comma 3;
- l'indicazione della possibilita' di produrre, nello stesso termine di
sessanta giorni, deduzioni difensive, qualora non si ritenga di dover
accedere alla definizione agevolata;
- l'indicazione dell'autorita' giudiziaria o amministrativa alla quale e'
possibile proporre l'impugnazione immediata.
2. Ricevuta la notifica dell'atto di contestazione, l'autore delle violazioni
e i soggetti obbligati in solido possono, entro sessanta giorni dalla
notificazione:
a) definire la controversia con il pagamento delle sanzioni ridotte.
La definizione eseguita dagli obbligati in via solidale comporta
l'estinzione dell'obbligazione propria dell'autore materiale, cosi' come
quella eseguita dall'autore materiale comporta l'estinzione dell'obbligazione
riferibile ai coobbligati. Tuttavia, se questi coincidono con i soggetti
indicati nell'art. 11, comma 1, e la violazione e' commessa con colpa (non
grave), il pagamento dell'autore delle violazioni nelle ipotesi previste
dall'art. 5, comma 2, determina l'estinzione dell'obbligazione dei coobbligati
nei limiti dell'importo entro cui la sanzione puo' essere eseguita nei
confronti dell'autore, ossia fino a lire 100 milioni (va da se' che se questi
si determina ad estinguere l'intera obbligazione anche per somma eccedente
lire 100 milioni, il pagamento comporta l'estinzione integrale
dell'obbligazione posta a carico dei soggetti di cui all'art. 11, comma 1). Ne
discende, in quest'ultimo caso, che i responsabili per la sanzione possono
definire l'obbligazione loro propria (ossia l'obbligazione eventualmente
residua) nei termini e secondo le modalita' indicate nell'art. 16, comma 3,
dopo la notificazione nei loro confronti dell'atto di contestazione. La
riduzione, sempre nelle ipotesi contemplate nell'art. 5, comma 2, opera
sull'ammontare complessivo della sanzione irrogabile, cosicche', mentre nei
confronti dell'autore l'importo esigibile rimane stabilito nell'ammontare di
lire 100 milioni, rispetto ai responsabili solidali di cui all'art. 11, comma
1, l'ammontare della somma da corrispondere per conseguire la definizione
agevolata e' pari alla differenza fra quanto corrisposto dall'autore e il
quarto della somma indicata nell'atto di contestazione. Ad esempio, se in esso
e' indicata la sanzione di lire 500 milioni e l'autore della violazione paga
lire 100 milioni, per conseguire la definizione agevolata occorrera'
l'ulteriore versamento di lire 25 milioni. Il tutto, ovviamente, nel termine
di sessanta giorni dalla notificazione dell'atto.
La definizione impedisce l'irrogazione delle sanzioni accessorie.
b) Produrre deduzioni difensive avanti all'ufficio o all'ente locale che ha
emanato l'atto.
In questa ipotesi non e' ammessa impugnazione immediata avanti
all'autorita' giudiziaria o a quella amministrativa indicata dall'art. 18,
vuoi che le deduzioni siano presentate soltanto dall'autore delle violazioni o
da uno dei soggetti obbligati solidalmente, vuoi che siano presentante da
entrambi. Se avverso l'atto di contestazione e' stata proposta impugnazione
immediata, la presentazione delle deduzioni difensive, anche da parte di un
soggetto diverso da quello impugnante, ne determina l'improcedibilita'. In
simile circostanza, sara' onere della parte resistente comunicare
all'autorita' giudiziaria o amministrativa avanti alla quale pende la
controversia l'avvenuta presentazione delle deduzioni affinche' questa adotti
i provvedimenti necessari.
c) Impugnare immediatamente l'atto avanti alle commissioni tributarie o, per i
tributi per i quali non sussiste competenza di queste, all'autorita'
giudiziaria ordinaria, ovvero avanti all'autorita' preposta a decidere la
lite in via amministrativa ai sensi dell'art. 18.
Tuttavia, come si e' appena detto, l'impugnazione immediata non e'
ammessa in presenza di deduzioni difensive.
Mentre nell'ipotesi sub c) l'impugnazione immediata comporta la
conversione ex lege dell'atto di contestazione in provvedimento di irrogazione
delle sanzioni, nell'ipotesi sub b), l'ufficio o l'ente, se ritengono di non
accogliere la difesa degli interessati, devono provvedere ad emanare apposito
atto di irrogazione, da notificare entro un anno dalla presentazione delle
deduzioni difensive. In questo caso, l'ufficio o l'ente devono motivare il
provvedimento, sempre a pena di nullita', anche in ordine alle deduzioni
medesime, cosi' da rendere edotti i soggetti interessati dei motivi che ne
hanno determinato il mancato accoglimento.
La notificazione deve avvenire nei confronti di tutti i soggetti ai
quali sia stato originariamente notificato l'atto di contestazione,
indipendentemente dal fatto che solo alcuni di questi abbiano presentato
deduzioni difensive.
Si sottolinea che, nelle ipotesi in cui siano state concesse misure
cautelari ai sensi dell'art. 22 (ipoteca e sequestro conservativo), i
provvedimenti corrispondenti perdono efficacia se l'atto di irrogazione non
viene notificato entro 120 giorni dalla presentazione delle deduzioni
difensive (si vedano, per questo aspetto, anche le precisazioni formulate con
riferimento all'art. 22). In tal caso e' evidente come gli uffici debbano
attivarsi in modo che il provvedimento di irrogazione venga notificato entro
quest'ultimo termine, cosi' da impedire la perdita di efficacia dei
provvedimenti cautelari.
Articolo 17 - Irrogazione immediata
1. In deroga alle previsioni dell'articolo 16, le sanzioni collegate al
tributo cui si riferiscono possono essere irrogate, senza previa contestazione
e con l'osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che regolano il
procedimento di accertamento del tributo medesimo, con atto contestuale
all'avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullita'.
2. E' ammessa definizione agevolata con il pagamento di un importo pari ad
un quarto della sanzione irrogata e comunque non inferiore ad un quarto dei
minimi edittali previsti per le violazioni piu' gravi relative a ciascun
tributo, entro sessanta giorni dalla notificazione del provvedimento.
3. Possono essere irrogate mediante iscrizione a ruolo, senza previa
contestazione, le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi,
ancorche' risultante da liquidazioni eseguite ai sensi degli articoli 36-bis e
36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600,
concernente disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui
redditi, e ai sensi degli articoli 54-bis e 60, sesto comma, del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante istituzione e
disciplina dell'imposta sul valore aggiunto. Per le sanzioni indicate nel
periodo precedente, in nessun caso si applica la definizione agevolata
prevista nel comma 2 e nell'articolo 16, comma 3.
L'articolo 17 detta una disciplina in deroga a quella indicata
nell'art. 16, offrendo agli uffici e agli enti la possibilita' di irrogare le
sanzioni senza previa contestazione.
L'irrogazione immediata e' consentita per le sanzioni collegate al
tributo cui si riferiscono (comma 1) e per le sanzioni riguardanti l'omesso o
ritardato pagamento dei tributi (comma 3).
Entrambi i procedimenti disciplinati dall'art. 17 non sono peraltro
obbligatori: e' sempre possibile infatti adottare il procedimento di cui
all'art. 16 e tale soluzione e' preferibile quando si intendono irrogare
sanzioni per violazioni commesse con dolo o colpa grave al trasgressore non
coincidente con il soggetto passivo del tributo.
1. Il comma 1 consente agli uffici e agli enti locali di irrogare, senza
previa contestazione, le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono con
notificazione di atto contestuale a quello di accertamento o di rettifica.
Come gia' previsto dalle disposizioni che regolano il procedimento di
accertamento dei principali tributi, le sanzioni per le violazioni di omessa
presentazione della dichiarazione o di infedele dichiarazione sono irrogabili
con atto contestuale all'avviso di accertamento o di rettifica; rispetto alla
previgente disciplina, si evidenziano le seguenti novita':
- le sanzioni "possono essere irrogate" con atto contestuale, per cui e'
possibile, anche per le sanzioni in questione, adottare il procedimento di
irrogazione di cui al precedente art. 16; come gia' accennato, la notifica
dell'atto di contestazione e' preferibile nei casi in cui si intendano
irrogare sanzioni a titolo di dolo o colpa grave e il procedimento di
accertamento non prevede una fase di contraddittorio anticipato che puo'
consentire l'acquisizione di elementi utili per una piu' ponderata
valutazione dell'elemento soggettivo;
- con atto contestuale all'avviso di accertamento o di rettifica non sono piu'
irrogabili le sanzioni per violazioni non collegate direttamente al tributo
cui si riferiscono, per le quali deve essere obbligatoriamente utilizzato il
procedimento di cui all'art. 16.
Il provvedimento di irrogazione, ancorche' "contestuale" all'avviso di
accertamento o di rettifica, e' connotabile, dal punto di vista strutturale,
come atto autonomo e deve quindi essere motivato, a pena di nullita', secondo
le prescrizioni dell'art. 16, comma 2.
2. Entro sessanta giorni dalla notificazione del provvedimento, e' ammessa
definizione agevolata della controversia con il pagamento di un importo pari
ad un quarto della sanzione irrogata e comunque non inferiore ad un quarto dei
minimi edittali previsti per le violazioni piu' gravi relative a ciascun
tributo.
La definizione puo' essere attuata da ognuno dei soggetti destinatari
del provvedimento e produce, in punto di estinzione dell'obbligazione anche
solidale, gli effetti propri dell'adempimento secondo le precisazioni gia'
fornite in sede di commento dell'art. 16.
La definizione agevolata prevista dall'art. 17, comma 2, e' riferita
esclusivamente alle sanzioni e non comporta acquiescenza rispetto al tributo.
Essa si differenzia quindi dalla rinuncia all'impugnazione ai sensi
dell'art. 15 del d.lgs. n. 218 del 1997 cui conseguono, oltre alla riduzione
delle sanzioni, la definitivita' del provvedimento di accertamento e gli
ulteriori effetti previsti dall'art. 2, commi 3, 4 e 5, ultimo periodo, dello
stesso d.lgs. n. 218 del 1997.
3. Il comma 3 consente agli uffici e agli enti locali di irrogare, mediante
iscrizione a ruolo e senza previa contestazione, le sanzioni per omesso o
ritardato pagamento dei tributi. Identico procedimento puo' essere utilizzato
quando l'omesso o il ritardato pagamento dei tributi risultano dalle
liquidazioni eseguite ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R.
n. 600 del 1973 e, in materia di imposta sul valore aggiunto, ai sensi degli
articoli 54-bis e 60, sesto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972.
In tali ipotesi, la cartella di pagamento, limitatamente alle
sanzioni, deve essere notificata anche all'autore della violazione quando egli
non coincide con il soggetto passivo del tributo e la violazione e' stata
commessa dopo il 1 aprile 1998.
Per le violazioni commesse fino al 31 marzo 1998, invece, la cartella
di pagamento continua ad essere notificata unicamente ai soggetti passivi del
tributo, tenuto conto dei principi generali in tema di efficacia temporale
delle leggi punitive.
Come gia' precisato, il procedimento di irrogazione immediata
disciplinato dal comma 3 dell'art. 17 non deve essere obbligatoriamente
utilizzato in tutte le ipotesi di omesso o ritardato pagamento dei tributi.
In particolare, l'irrogazione mediante iscrizione a ruolo non potra'
avvenire nei casi in cui:
- l'ufficio ritenga che la violazione sia stata commessa con dolo o colpa
grave, essendo indispensabile la specifica motivazione in ordine
all'elemento soggettivo;
- per i tributi cui le violazioni si riferiscono non e' prevista la
riscossione mediante iscrizione a ruolo.
Indipendentemente dal procedimento di irrogazione utilizzato, l'ultimo
periodo del comma 3 prevede espressamente che relativamente alle sanzioni per
omesso o ritardato pagamento dei tributi non si applica la definizione
agevolata prevista negli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2.
Articolo 18 - Tutela giurisdizionale e ricorsi amministrativi
1. Contro il provvedimento di irrogazione e' ammesso ricorso alle
commissioni tributarie.
2. Se le sanzioni si riferiscono a tributi rispetto ai quali non sussiste
la giurisdizione delle commissioni tributarie, e' ammesso, nel termine di
sessanta giorni dalla notificazione del provvedimento, ricorso amministrativo
in alternativa all'azione avanti all'autorita' giudiziaria ordinaria, che puo'
comunque essere adita anche dopo la decisione amministrativa ed entro
centottanta giorni dalla sua notificazione. Salvo diversa disposizione di
legge, il ricorso amministrativo e' proposto alla Direzione regionale delle
entrate, competente in ragione della sede dell'ufficio che ha irrogato le
sanzioni.
3. In presenza di piu' soggetti legittimati, se alcuno di essi adisce
l'autorita' giudiziaria, il ricorso amministrativo e' improponibile, quello in
precedenza proposto diviene improcedibile e la controversia pendente deve
essere riproposta avanti al giudice ordinario nel termine di centottanta
giorni dalla notificazione della decisione di improcedibilita'.
4. Le decisioni delle commissioni tributarie e dell'autorita' giudiziaria
sono immediatamente esecutive nei limiti previsti dall'articolo 19.
1. Il comma 1 dell'articolo 18 dispone che contro i provvedimenti di
irrogazione delle sanzioni e' ammesso ricorso, conformemente a quanto previsto
dall'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, avanti alle commissioni tributarie.
L'impugnazione, come gia' si e' sottolineato, e' ammessa anche in relazione
all'atto di contestazione di cui all'art. 16, che, in mancanza delle memorie
difensive, si considera provvedimento di irrogazione.
Si ricorda che il termine per ricorrere e', a pena di
inammissibilita', di sessanta giorni dalla notifica dell'atto impugnato,
secondo quanto previsto dall'art. 21 del decreto legislativo n. 546 del 1992,
e che la commissione tributaria provinciale adita e', secondo il dettato
dell'art. 4, comma 1 dello stesso decreto legislativo n. 546 del 1992, quella
competente territorialmente in base alla circoscrizione dove ha sede l'ufficio
che ha emanato il provvedimento di irrogazione delle sanzioni.
Circa tutte le altre problematiche relative alla instaurazione del
procedimento giurisdizionale si rinvia alle norme sul processo tributario
recate dal predetto decreto legislativo n. 546 del 1992.
2. Se le sanzioni si riferiscono a tributi rispetto ai quali non sussiste la
giurisdizione delle commissioni tributarie ai sensi dell'art. 2 del decreto
legislativo n. 546 del 1992, l'articolo 18, comma 2 del decreto legislativo in
commento prevede la possibilita' di proporre impugnazione, alternativamente, o
mediante ricorso amministrativo entro 60 giorni dalla notificazione del
provvedimento o con azione dinanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria, entro
i termini previsti dalle singole leggi d'imposta.
Tale disposizione recepisce tanto il parere espresso dal Consiglio di
Stato (Sezione III del 22 dicembre 1992) quanto il piu' recente orientamento
della Corte Costituzionale (Sentenza n. 56 del 20-24 febbraio 1995) che
riconoscono la possibilita' di promuovere l'azione giudiziaria ordinaria,
anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo.
L'autorita' giudiziaria puo' comunque essere adita anche dopo la
decisione amministrativa, entro centottanta giorni dalla notificazione di
quest'ultima.
Il ricorso amministrativo e' proposto alla Direzione regionale delle
entrate territorialmente competente in ragione della sede dell'ufficio che ha
irrogato le sanzioni, salvo che la legge non attribuisca, con riferimento al
tributo in questione, la competenza ad altro ufficio o organo amministrativo.
3. Il comma 3 dell'articolo in esame prevede che, in presenza di piu' soggetti
legittimati a ricorrere avverso lo stesso provvedimento di irrogazione delle
sanzioni, l'esperimento dell'azione dinanzi all'autorita' giudiziaria da parte
di alcuno di essi rende improponibile il ricorso amministrativo da parte di
altro soggetto legittimato.
Qualora, invece, la tutela in via amministrativa sia stata
tempestivamente attivata da alcuno dei soggetti destinatari del provvedimento
sanzionatorio e successivamente intervenga l'instaurazione del giudizio
ordinario promosso da altro soggetto legittimato, l'organo amministrativo
chiamato a decidere (Direzione regionale delle entrate o altro organo o
ufficio competente) deve dichiarare la improcedibilita' del ricorso. In
questo caso la controversia deve essere riproposta avanti all'autorita'
giudiziaria, nel termine di 180 giorni dalla notificazione della decisione di
improcedibilita'. La riproposizione dell'impugnazione puo' avvenire, oltre che
con l'ordinaria azione, anche mediante l'intervento volontario autonomo, ai
sensi dell'art. 105 c.p.c., nel processo gia' pendente tra l'altro soggetto
impugnante e l'amministrazione.
4. Le decisioni delle commissioni tributarie e dell'autorita' giudiziaria in
ordine a ricorsi contro i provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, per
espressa previsione del comma 4 dell'art. 18, sono immediatamente esecutive,
nei limiti fissati dall'articolo 19 che saranno di seguito illustrati. La
stessa esecutivita' si ha nei casi di sentenze che decidano in ordine a
sanzioni irrogate con atto contestuale all'avviso di accertamento o di
rettifica, senza previa contestazione, ai sensi dell'art. 17 del decreto
legislativo in commento. Si tratta di una innovazione di carattere
fondamentale, visto che, secondo la previgente normativa l'esecuzione delle
sanzioni amministrative (specificamente delle pene pecuniarie) era rinviata -
in linea di massima - al momento in cui il provvedimento di irrogazione
diventava definitivo. L'esecuzione parziale in base a sentenza di 1 grado (o
a decisione amministrativa) e' ampiamente giustificata non potendosi cogliere
alcuna differenza realmente significativa tra esecuzione provvisoria della
pretesa tributaria ed esecuzione provvisoria della sanzione.
E' opportuno specificare che sono immediatamente esecutive solo le
sentenze emesse sulla base di ricorsi presentati avverso provvedimenti
notificati dopo il 1 aprile 1998, mentre per il periodo anteriore vige
tuttora il principio secondo cui le sanzioni si pagano solo dopo l'ultima
sentenza non impugnata o impugnabile solo con ricorso per cassazione. Cio' in
quanto le disposizioni del decreto legislativo n. 472 del 1997 si applicano,
per espressa previsione dell'art. 25, solo alle violazioni non ancora
contestate o per le quali la sanzione non sia stata irrogata alla citata data
della sua entrata in vigore, ad eccezione di alcune norme - tra le quali non
sono peraltro previsti ne' l'art. 18, comma 4, ne' l'art. 19, comma 1 - che
hanno efficacia retroattiva.
Pertanto, affinche' la sentenza possa considerarsi immediatamente
esecutiva non e' sufficiente che il relativo ricorso sia stato presentato dopo
il 1 aprile 1998, se l'atto impugnato e' stato notificato anteriormente a
detta data.
Articolo 19 - Esecuzione delle sanzioni
1. In caso di ricorso alle commissioni tributarie, anche nei casi in cui
non e' prevista riscossione frazionata, si applicano le disposizioni dettate
dall'articolo 68, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992,
n. 546, recante disposizioni sul processo tributario.
2. La commissione tributaria regionale puo' sospendere l'esecuzione
applicando, in quanto compatibili, le previsioni dell'articolo 47 del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
3. La sospensione deve essere concessa se viene prestata idonea garanzia
anche a mezzo di fideiussione bancaria o assicurativa.
4. Quando non sussiste la giurisdizione delle commissioni tributarie, la
sanzione e' riscossa provvisoriamente dopo la decisione dell'organo al quale
e' proposto ricorso amministrativo, nei limiti della meta' dell'ammontare da
questo stabilito. L'autorita' giudiziaria ordinaria successivamente adita, se
dall'esecuzione puo' derivare un danno grave ed irreparabile, puo' disporre la
sospensione e deve disporla se viene offerta idonea garanzia.
5. Se l'azione viene iniziata avanti all'autorita' giudiziaria ordinaria
ovvero se questa viene adita dopo la decisione dell'organo amministrativo, la
sanzione pecuniaria e' riscossa per intero o per il suo residuo ammontare dopo
la sentenza di primo grado, salva l'eventuale sospensione disposta dal giudice
d'appello secondo le previsioni dei commi 2, 3 e 4.
6. Se in esito alla sentenza di primo o di secondo grado la somma
corrisposta eccede quella che risulta dovuta, l'ufficio deve provvedere al
rimborso entro novanta giorni dalla comunicazione o notificazione della
sentenza.
7. Le sanzioni accessorie sono eseguite quando il provvedimento di
irrogazione e' divenuto definitivo.
1. Il comma 1 dell'art. 19 stabilisce che, in caso di ricorso alle commissioni
tributarie, si applica il disposto dell'art. 68, commi 1 e 2, del decreto
legislativo n. 546 del 1992, inerenti al pagamento del tributo in corso di
giudizio.
Il rinvio all'art. 68, comma 1, comporta l'estensione del principio
della riscossione frazionata in pendenza di giudizio, anche alle sanzioni
tributarie. Tale disciplina si applica anche nei casi in cui non e' prevista
la riscossione frazionata del tributo cui le violazioni si riferiscono.
Conseguentemente, con l'art. 29 del d.lgs. in commento e' stato
modificato il comma 3 del citato art. 68 del d.lgs. n. 546 del 1992 con la
soppressione delle parole "e le sanzioni pecuniarie".
Alla luce di quanto sopra le sanzioni sono riscosse, a titolo
provvisorio:
- per i due terzi, dopo la sentenza della commissione provinciale che respinge
il ricorso;
- per l'ammontare risultante dalla sentenza di primo grado e comunque non
oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso;
- per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione
tributaria regionale.
Tutti gli importi da versare sulla base delle decisioni delle
commissioni tributarie, provinciali e regionali, vanno in ogni caso ridotti di
quanto gia' eventualmente corrisposto.
Va comunque evidenziato che a differenza di quanto previsto
dall'art. 68 citato, secondo il quale il tributo in contestazione deve essere
versato in pendenza di giudizio con i relativi interessi previsti dalle leggi
fiscali, la riscossione frazionata delle sanzioni non comportera' riscossione
dei relativi interessi, in quanto l'art. 2, comma 3, del decreto legislativo
in esame espressamente dispone che "la somma irrogata a titolo di sanzione non
produce interessi".
2. Lo stesso comma 1 prevede, inoltre, l'applicabilita' alle sanzioni
tributarie della disposizione recata dal comma 2 dell'art. 68 del decreto
legislativo n. 546 del 1992 secondo la quale "se il ricorso viene accolto, il
tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto stabilito dalla sentenza
della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti
dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d'ufficio entro novanta giorni
dalla notificazione della sentenza".
In realta' il richiamo all'art. 68, comma 2, puo' generare qualche
perplessita' in quanto tale disposizione prevede, solo il rimborso a seguito
della sentenza della commissione tributaria provinciale, nulla disponendo per
i rimborsi a seguito di sentenza della commissione tributaria regionale. Al
riguardo va precisato che della disposizione va data un'interpretazione logica
che consenta di superarne lo stretto tenore letterale, nel senso di
riconoscere il diritto al rimborso di quanto versato in eccedenza rispetto
anche a quanto stabilito nella sentenza della commissione tributaria
regionale.
A tale conclusione induce l'analoga disposizione dettata dal comma 6
del medesimo art. 19, il quale dispone, per i casi in cui non sussista la
giurisdizione delle commissioni tributarie, che l'ufficio deve provvedere al
rimborso di quanto versato in eccedenza rispetto a quanto stabilito nelle
sentenze di primo e di secondo grado.
Alla luce di tale interpretazione, ai sensi dell'art. 19, comma 1, se
il ricorso in grado di appello o nel successivo grado avanti alla Corte di
cassazione viene accolto, la sanzione corrisposta in eccedenza rispetto a
quella risultante dalla sentenza del giudice a quo deve essere rimborsata
d'ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza.
Ai sensi dell'art. 68, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, per poter
ottenere il rimborso di quanto versato in eccedenza il contribuente deve
notificare la sentenza all'ufficio che deve adempiere entro novanta giorni da
detta notifica. A tal fine, per contro, non e' sufficiente la comunicazione
della sentenza (come e' invece previsto dal citato comma 6 dell'art. 19 per i
casi in cui non sussista la giurisdizione delle commissioni tributarie), in
quanto il citato art. 68, comma 2, non considera tale adempimento presupposto
idoneo per il conseguimento del rimborso.
3. Il comma 2 dell'art. 19 prevede che la commissione tributaria regionale
puo' sospendere l'esecuzione applicando, in quanto compatibili, le previsioni
dell'art. 47 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, quindi, delibato il merito
e accertata la possibilita' che dall'esecuzione discenda un danno grave e
irreparabile.
Atteso il richiamo all'art. 47 del d.lgs. n. 546 del 1992, la
sospensione puo' essere concessa solo su istanza motivata del ricorrente,
proposta secondo le modalita' stabilite nella medesima disposizione. Detta
istanza puo' essere proposta anche con l'appello incidentale nei modi e nei
termini previsti dall'art. 54, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992.
4. Il comma 3 dell'art. 19 prevede, a differenza di quanto disposto
dall'art. 47 del d.lgs. n. 546 del 1992, che la sospensione "deve essere
concessa se viene prestata idonea garanzia anche a mezzo di fideiussione
bancaria o assicurativa". Ne consegue l'obbligo per la commissione tributaria
di concedere la sospensione a seguito del rilascio della garanzia, mentre
l'art. 47 citato considera la prestazione di garanzia solo un onere che "puo'"
essere imposto dal giudice stesso per la concessione del provvedimento di
sospensione.
Nel caso venga prestata garanzia, pertanto, non occorre la valutazione
da parte del giudice in ordine all'esistenza dei presupposti per l'emanazione
dell'ordinanza di sospensione, ovvero del fumus boni iuris e del danno grave
ed irreparabile, essendo sufficiente, a tal fine, che la garanzia prestata
venga ritenuta idonea.
Gli effetti della sospensione cessano, in ogni caso, dalla data di
pubblicazione della sentenza, in applicazione di quanto disposto dall'art. 47,
comma 7, del d.lgs. n. 546.
5. Ai sensi del comma 4, qualora non sussista la giurisdizione delle
commissioni tributarie e sia stato proposto ricorso all'organo amministrativo,
la sanzione e' riscossa provvisoriamente dopo la decisione dello stesso, nei
limiti della meta' dell'ammontare fissato nella decisione medesima.
Tuttavia, l'autorita' giudiziaria adita ai sensi dell'art. 18, comma
2, successivamente alla decisione amministrativa ed entro 180 giorni dalla sua
notificazione, puo' concedere la sospensione dell'esecuzione, se da questa
puo' derivare un danno grave ed irreparabile e previa delibazione del merito.
In ordine alla valutazione dei presupposti di concedibilita' della
sospensione dell'esecutivita' della decisione amministrativa va precisato che
bisogna tener conto non solo dell'interesse dell'istante, ma anche di quello
dell'amministrazione finanziaria o dell'ente impositore circa la perdita di
garanzie patrimoniali nelle more della definizione del giudizio principale od
anche la maggiore difficolta' dell'esazione futura della sanzione.
L'autorita' giudiziaria e', invece, obbligata a concedere la
sospensione della esecuzione nel caso in cui venga offerta idonea garanzia.
E' opportuno evidenziare che, in tale circostanza, il legislatore non
ha provveduto a precisare forme specifiche di prestazioni di garanzia e che la
valutazione della idoneita' della stessa ai fini della riscossione e' rimessa
al libero convincimento del giudice ordinario, compatibilmente con il quantum
connesso al provvedimento di irrogazione delle sanzioni e con la connessa
garanzia patrimoniale prestata dal contribuente.
6. Sempre con riferimento all'ipotesi in cui non sussiste la giurisdizione
delle commissioni tributarie, il comma 5 dell'art. 19 prevede che qualora
l'azione sia iniziata dinanzi al giudice ordinario ovvero qualora questo venga
adito dopo la decisione del giudice amministrativo la sanzione e' riscossa
dopo la sentenza di primo grado; nel primo caso per l'intero ammontare da
questa stabilito, nel secondo caso, per il suo residuo ammontare, cioe' per
l'importo che ancora sia dovuto.
Con tale disposizione quindi, il legislatore ha inteso distinguere
l'ipotesi in cui si preferisca adire direttamente il giudice ordinario, senza
promuovere, in prima istanza, la decisione amministrativa, dal caso in cui si
ricorra all'autorita' giudiziaria ordinaria successivamente alla decisione
assunta dall'organo amministrativo. In tale seconda ipotesi, infatti, in
virtu' di quanto previsto dall'art. 19, comma 4, si puo' verificare la
circostanza della riscossione provvisoria del "residuo ammontare" della
sanzione in quanto, con la decisione amministrativa si rende immediatamente
esecutiva l'esazione della stessa solo nella meta' del suo ammontare.
In ambedue le circostanze, comunque, il giudice d'appello puo'
sospendere l'esecuzione previa delibazione del merito e quando dall'esecuzione
stessa puo' derivare un danno grave e irreparabile, e deve, in ogni caso
sospenderla se viene offerta idonea garanzia.
7. Nel caso in cui, invece, la sentenza di primo e di secondo grado emessa dal
giudice ordinario decida la quantificazione di una sanzione pecuniaria
inferiore a quanto gia' corrisposto con l'esecuzione provvisoria, il comma 6
dell'art. 19 prevede l'obbligo, per l'ufficio che ha emanato l'atto impugnato,
di procedere al rimborso entro novanta giorni dalla notificazione o
comunicazione della sentenza.
Si tratta della regola dettata dal comma 2 dell'art. 68 del decreto
legislativo n. 546 del 1992, che, come gia' visto, per espresso richiamo
contenuto nel comma 1, dell'art. 19 del decreto legislativo in commento, si
applica anche all'esecuzione delle sanzioni relative a tributi per i quali
sussiste la giurisdizione delle commissioni tributarie.
8. Le disposizioni dell'articolo in commento non si applicano, ai sensi del
comma 7, alle sanzioni accessorie le quali, infatti, sono eseguite solo quando
il provvedimento di irrogazione e' divenuto definitivo per mancata
impugnazione o per definitivita' della decisione amministrativa o della
sentenza del giudice ordinario.
Articolo 20 - Decadenza e prescrizione
1. L'atto di contestazione di cui all'articolo 16, ovvero l'atto di
irrogazione, devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31
dicembre del quinto anno successivo a quello in cui e' avvenuta la violazione
o nel maggior termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi. Entro
gli stessi termini devono essere resi esecutivi i ruoli nei quali sono
iscritte le sanzioni irrogate ai sensi dell'articolo 17, comma 3.
2. Se la notificazione e' stata eseguita nei termini previsti dal comma 1
ad almeno uno degli autori dell'infrazione o dei soggetti obbligati in solido,
il termine e' prorogato di un anno.
3. Il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel
termine di cinque anni. L'impugnazione del provvedimento di irrogazione
interrompe la prescrizione, che non corre fino alla definizione del
procedimento.
L'articolo 20 disciplina il termine di decadenza entro il quale gli
uffici o gli enti impositori devono contestare la violazione (art. 16) ovvero
irrogare direttamente la sanzione con atto contestuale all'avviso di
accertamento o di rettifica o mediante iscrizione a ruolo (art. 17), nonche'
l'ulteriore termine prescrizionale del diritto alla riscossione della
sanzione.
Il comma 1 stabilisce, in via di principio, che l'amministrazione
finanziaria, ovvero l'ente locale, possono contestare la violazione o irrogare
la sanzione entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello nel quale
e' avvenuta la commissione della violazione stessa. Tuttavia, qualora con
riferimento al potere di accertamento del tributo sia previsto un termine di
decadenza piu' ampio, si prevede che quest'ultimo prevalga. Entro gli stessi
termini, a pena di decadenza, devono essere resi esecutivi i ruoli nei quali
sono iscritte le sanzioni irrogate ai sensi dell'art. 17, comma 3.
Al fine di consentire agli uffici di intraprendere tempestivamente il
procedimento di irrogazione della sanzione anche nei confronti del soggetto
indicato come autore nelle deduzioni difensive svolte da colui nei cui
confronti sia stata attuata la contestazione, il comma 2 prevede che i termini
anzidetti siano prorogati di un anno, sempreche' la notificazione dell'atto di
contestazione o del provvedimento di irrogazione siano state eseguite
tempestivamente ad almeno uno degli autori della violazione o dei soggetti
coobbligati.
Irrogata la sanzione, l'ufficio deve provvedere alla riscossione entro
il termine di cinque anni. Si tratta di un termine di prescrizione,
suscettibile pertanto di essere interrotto ai sensi dell'art. 2943 codice
civile. In particolare, poi, l'impugnazione del provvedimento di irrogazione
interrompe la prescrizione con effetto permanente, cosicche', definito il
procedimento, inizia la decorrenza di un nuovo termine quinquennale.
Articolo 21 - Sanzioni accessorie
1. Costituiscono sanzioni amministrative accessorie:
a) l'interdizione, per una durata massima di sei mesi, dalle cariche di
amministratore, sindaco o revisore di societa' di capitali e di enti con
personalita' giuridica, pubblici o privati;
b) l'interdizione dalla partecipazione a gara per l'affidamento di pubblici
appalti e forniture, per la durata massima di sei mesi;
l'interdizione dal conseguimento di licenze, concessioni o autorizzazioni
amministrative per l'esercizio di imprese o di attivita' di lavoro autonomo
e la loro sospensione, per la durata massima di sei mesi;
c) la sospensione, per la durata massima di sei mesi, dall'esercizio di
attivita' di lavoro autonomo o di impresa diverse da quelle indicate nella
lettera c).
2. Le singole leggi d'imposta, nel prevedere i casi di applicazione delle
sanzioni accessorie, ne stabiliscono i limiti temporali in relazione alla
gravita' dell'infrazione e ai limiti minimi e massimi della sanzione
principale.
La norma individua le nuove sanzioni amministrative accessorie che si
affiancano a quelle principali, consistenti nel pagamento di una somma di
denaro. Le sanzioni accessorie previste possono incidere sulla capacita' di
ricoprire cariche (lettera a), sulla partecipazione a gare per l'affidamento
di appalti pubblici e forniture (lettera b), sul conseguimento di licenze,
concessioni e autorizzazioni amministrative per l'esercizio di imprese o di
attivita' di lavoro autonomo (lettera c), nonche' direttamente sull'esercizio
di attivita' di lavoro autonomo o di impresa (lettera d).
Per tutte le sanzioni accessorie il limite massimo di durata e' stato
fissato in sei mesi.
Le sanzioni accessorie devono essere applicate secondo criteri di
proporzionalita' e adeguatezza con la sanzione principale. A tale fine, il
comma 2 dell'art. 21 ha previsto che si debba avere riguardo alla disciplina
delle singole leggi d'imposta che, oltre a individuare il presupposto in
presenza del quale le sanzioni accessorie si applicano, ne stabiliscono i
limiti temporali, tenuto conto della gravita' dell'infrazione e della misura
edittale della sanzione principale.
Si ricorda che, nell'ipotesi di definizione agevolata ai sensi degli
artt. 16 e 17, non puo' aver luogo l'irrogazione di sanzioni accessorie.
Ancorche' l'ipotesi non sia espressamente disciplinata nell'art. 17, si deve
ritenere che la definizione agevolata ai sensi del comma 2 comporti
l'inefficacia sopravvenuta del provvedimento con il quale le sanzioni
accessorie siano state irrogate. Costituisce tuttavia deroga a tale previsione
il caso della recidivita' nella violazione degli obblighi di rilascio dello
scontrino e della ricevuta fiscale, dal momento che l'art. 12, comma 2, del
d.lgs. n. 471 del 1997 considera rilevanti, ai fini dell'applicazione delle
sanzioni accessorie, anche le violazioni definite in via agevolata, come del
resto gia' avveniva sotto la previgente normativa.
Articolo 22 - Ipoteca e sequestro conservativo
1. In base all'atto di contestazione, al provvedimento di irrogazione della
sanzione o al processo verbale di constatazione e dopo la loro notifica,
l'ufficio o l'ente, quando ha fondato timore di perdere la garanzia del
proprio credito, puo' chiedere, con istanza motivata, al presidente della
commissione tributaria provinciale l'iscrizione di ipoteca sui beni del
trasgressore e dei soggetti obbligati in solido, e l'autorizzazione a
procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei
loro beni, compresa l'azienda.
2. Le istanze di cui al comma 1 devono essere notificate, anche tramite il
servizio postale, alle parti interessate, le quali possono, entro venti giorni
dalla notifica, depositare memorie e documenti difensivi.
3. Il presidente, decorso il termine di cui al comma 2, fissa con decreto
la trattazione dell'istanza per la prima camera di consiglio utile, disponendo
che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni prima. La
commissione decide con sentenza.
4. In caso di eccezionale urgenza o di pericolo nel ritardo, il presidente,
ricevuta l'istanza, provvede con decreto motivato. Contro il decreto e'
ammesso reclamo al collegio entro trenta giorni. Il collegio, sentite le parti
in camera di consiglio, provvede con sentenza.
5. Nei casi in cui non sussiste giurisdizione delle commissioni tributarie,
le istanze di cui al comma 1 devono essere presentate al tribunale
territorialmente competente in ragione della sede dell'ufficio richiedente,
che provvede secondo le disposizioni del libro IV, titolo I, capo III, sezione
I, del codice di procedura civile, in quanto applicabili.
6. Le parti interessate possono prestare, in corso di giudizio, idonea
garanzia mediante cauzione o fideiussione bancaria o assicurativa. In tal caso
l'organo dinanzi al quale e' in corso il procedimento puo' non adottare ovvero
adottare solo parzialmente il provvedimento richiesto.
7. I provvedimenti cautelari perdono efficacia se, nel termine di
centoventi giorni dalla loro adozione, non viene notificato atto di
contestazione o di irrogazione. In tal caso, il presidente della commissione
tributaria provinciale ovvero il presidente del tribunale dispongono, su
istanza di parte e sentito l'ufficio o l'ente richiedente, la cancellazione
dell'ipoteca. I provvedimenti perdono altresi' efficacia a seguito della
sentenza, anche non passata in giudicato, che accoglie il ricorso o la
domanda. La sentenza costituisce titolo per la cancellazione dell'ipoteca. In
caso di accoglimento parziale, su istanza di parte, il giudice che ha
pronunciato la sentenza riduce proporzionalmente l'entita' dell'iscrizione o
del sequestro; se la sentenza e' pronunciata dalla Corte di cassazione,
provvede il giudice la cui sentenza e' stata impugnata con ricorso per
cassazione.
L'articolo 22 disciplina il procedimento che l'ufficio o l'ente devono
seguire quando, avendo fondato timore di perdere la garanzia del proprio
credito, intendono ottenere, in via cautelare, l'iscrizione di ipoteca sui
beni del trasgressore e soggetti obbligati in solido o il sequestro
conservativo dei loro beni, compresa l'azienda.
La norma ha operato una profonda revisione dl procedimento di adozione
delle misure cautelari, rimettendo, ove possibile, i relativi poteri al
giudice speciale tributario e, in mancanza della sua giurisdizione, al
Tribunale civile competente in ragione della sede dell'ufficio o ente che ne
domanda l'adozione.
1. Il procedimento e' attivato mediante istanza motivata, che deve contenere:
- l'indicazione del titolo in base al quale si procede (atto di contestazione
o di irrogazione della sanzione, processo verbale di constatazione);
l'indicazione della somma per la quale si intende procedere (ammontare delle
sanzioni);
- le ragioni che giustificano il timore di perdere la garanzia del credito
durante il tempo necessario per la riscossione (periculum in mora);
- la misura cautelare che si intende ottenere (ipoteca o sequestro
conservativo);
- l'individuazione e descrizione dei beni o diritti oggetto del provvedimento
invocato.
Si ricorda che possono essere oggetto di ipoteca, oltre ai beni
immobili, i diritti, le rendite e tutti gli altri beni (navi, aeromobili e
autoveicoli) indicati nell'art. 2810 del codice civile; mentre possono essere
oggetto di sequestro conservativo, ai sensi dell'art. 671 del codice di
procedura civile, i beni mobili o immobili del debitore, le somme o le cose a
lui dovute, nei limiti in cui la legge ne ammette il pignoramento. Inoltre, la
norma in rassegna richiama espressamente anche l'azienda.
La richiesta di misure cautelari puo' essere riferita anche ai beni e
all'azienda dei soggetti obbligati in solido, ovviamente per un valore non
superiore a quello corrispondente all'obbligazione.
Cosi', ad esempio, nell'ipotesi di cessione di azienda il valore dei
beni cui riferire la misura cautelare deve essere determinato con riferimento
all'obbligazione del cessionario che, a sua volta, dipende dall'ammontare del
debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici
dell'amministrazione finanziaria o degli enti preposti all'accertamento dei
tributi di loro competenza. Nelle ipotesi di trasformazione o fusione la
societa' o l'ente risultante dalla trasformazione o dalla fusione puo' subire
misure cautelari sui propri beni in relazione alla responsabilita' per la
sanzione (art. 2499 cod. civ.) e, nell'ipotesi di scissione, l'ipoteca ed il
sequestro possono avere ad oggetto beni per un valore sufficiente a garantire
il pagamento delle somme dovute per le violazioni commesse anteriormente alla
data dalla quale essa produce effetto.
2. Quando ricorre la giurisdizione del giudice tributario, la richiesta deve
essere inoltrata al Presidente della Commissione tributaria provinciale nella
cui circoscrizione ha sede l'ufficio o l'ente procedente.
La richiesta deve essere notificata, anche tramite il servizio
postale, alle parti interessate le quali possono depositare memorie e
documenti difensivi, entro venti giorni dalla notifica.
Al fine di consentire una sollecita formazione del fascicolo d'ufficio
da parte della segreteria della Commissione tributaria, e' opportuno che
l'ufficio o l'ente procedente provvedano all'immediato deposito dell'istanza
con la prova dell'avvenuta notifica alle parti interessate.
Decorso il termine per il deposito, il presidente fissa con decreto la
trattazione per la prima camera di consiglio utile, trattazione della quale
deve essere data comunicazione alle parti almeno dieci giorni prima. Solo in
caso di eccezionale urgenza o di pericolo nel ritardo, il presidente, ricevuta
l'istanza, puo' provvedere direttamente con decreto. Il decreto, entro il
termine di trenta giorni, e' reclamabile di fronte al collegio che, sentite le
parti in camera di consiglio, decide con sentenza.
Il procedimento che si instaura con il reclamo contro il provvedimento
presidenziale non coincide esattamente con quello disciplinato dall'art. 28
del decreto legislativo n. 546 del 1992. E' indubbio, tuttavia, che, per
quanto possibile, si applichino le norme ivi contenute. Si deve ritenere che
la notifica del reclamo, non essendovi parti costituite, debba avvenire nei
confronti di tutte le parti le quali, nei quindici giorni successivi, possono
presentare memorie. Il reclamante, invece, nel termine perentorio di quindici
giorni dall'ultima notificazione, deve depositare copia del reclamo presso la
segreteria della commissione tributaria adita attestando, in caso di consegna
o spedizione a mezzo del servizio postale, la conformita' dell'atto depositato
a quello consegnato o spedito.
3. Nei casi in cui non sussiste la giurisdizione delle commissioni tributarie,
l'istanza motivata di cui al comma 1 deve essere proposta al tribunale
territorialmente competente in ragione della sede dell'ufficio o dell'ente che
richiedono la misura cautelare. L'istanza e' sostitutiva del ricorso previsto
dall'art. 669-bis del codice di procedura civile.
Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli
articoli 669-bis - 669-quaterdecies del codice di procedura civile.
4. L'esecuzione totale o parziale delle misure cautelari puo' essere evitata
con la prestazione, nel corso del procedimento cautelare sia davanti alla
commissione tributaria che davanti al tribunale, di idonea garanzia mediante
cauzione o fideiussione bancaria o assicurativa.
Qualora l'istanza di cui al comma 1 abbia fatto seguito alla
notificazione del processo verbale di constatazione, i provvedimenti cautelari
perdono efficacia se, entro il termine di centoventi giorni dalla loro
adozione, l'ufficio o l'ente non notificano l'atto di contestazione o di
irrogazione della sanzione. L'efficacia delle misure cautelari cessa di
diritto anche nell'ipotesi disciplinata dall'art. 16, comma 7, nel caso in
cui, notificato l'atto di contestazione, l'ufficio o l'ente non notifichino il
provvedimento motivato di irrogazione nel termine di centoventi giorni dalla
data di presentazione delle deduzioni difensive da parte dell'autore della
violazione o dei soggetti obbligati in solido.
In questi casi il presidente della commissione ovvero il presidente
del tribunale, su istanza della parte interessata e sentito l'ufficio o l'ente
richiedente, dispone la cancellazione dell'ipoteca.
Quando la sentenza accoglie il ricorso o la domanda e' lo stesso
giudice che l'ha pronunciata che dispone l'estinzione dell'ipoteca; se
l'accoglimento e' parziale il giudice riduce proporzionalmente l'entita'
dell'iscrizione o del sequestro, ma solo su istanza di parte.
Se la sentenza e' pronunciata dalla Corte di cassazione, la
cancellazione dell'ipoteca ovvero la riduzione dell'entita' dell'iscrizione e
del sequestro e' pronunciata dal giudice la cui sentenza e' stata impugnata
con ricorso per cassazione.
Articolo 23 - Sospensione dei rimborsi e compensazione
1. Nei casi in cui l'autore della violazione o i soggetti obbligati in
solido, vantano un credito nei confronti dell'amministrazione finanziaria, il
pagamento puo' essere sospeso se e' stato notificato atto di contestazione o
di irrogazione della sanzione, ancorche' non definitivo. La sospensione opera
nei limiti della somma risultante dall'atto o dalla decisione della
commissione tributaria ovvero dalla decisione di altro organo.
2. In presenza di provvedimento definitivo, l'ufficio competente per il
rimborso pronuncia la compensazione del debito.
3. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, che devono essere notificati
all'autore della violazione e ai soggetti obbligati in solido, sono
impugnabili avanti la commissione tributaria, che puo' disporne la sospensione
ai sensi dell'articolo 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
4. Se non sussiste giurisdizione delle commissioni tributarie, e' ammessa
azione avanti al tribunale, cui e' rimesso il potere di sospensione.
Il comma 1 dell'art. 23 ha previsto che, quando l'autore della
violazione ovvero i soggetti obbligati in solido vantano un credito nei
confronti dell'amministrazione finanziaria, il pagamento puo' essere sospeso,
in via cautelare, se e' stato notificato atto di contestazione o di
irrogazione della sanzione, ancorche' il provvedimento non sia definitivo.
La sospensione opera nei limiti della somma risultante dall'atto o,
qualora esso fosse stato impugnato, dalla decisione della commissione
tributaria ovvero dalla decisione di altro organo.
La sospensione dei rimborsi e' facoltativa e puo' operare anche tra
crediti e sanzioni riferibili a tributi diversi, per cui, ad esempio, a fronte
dell'irrogazione di una sanzione in materia di imposte dirette puo' essere
sospeso il pagamento di un credito per rimborso di imposta sul valore
aggiunto.
La sospensione del pagamento deve essere ovviamente revocata qualora
intervenga la riscossione della somma risultante dall'atto ovvero deve essere
adeguata qualora intervenga successivamente una decisione della commissione
tributaria o dell'organo adito che determini in misura diversa la somma
dovuta.
Il comma 2 introduce un'ipotesi di compensazione legale prevedendo
che, in presenza di un provvedimento definitivo, l'ufficio competente per il
rimborso pronunci la compensazione.
Poiche' nella sospensione ovvero nella compensazione possono essere
coinvolti uffici diversi, e' necessario che l'ufficio competente rispetto alla
sanzione comunichi tempestivamente tutte le informazioni utili all'ufficio
competente per il rimborso.
A mente dei commi 3 e 4, i provvedimenti che decidono della
sospensione o della compensazione devono essere notificati all'autore della
violazione e ai soggetti obbligati in solido.
Gli interessati possono impugnarli di fronte alle commissioni
tributarie ovvero, se non sussiste la giurisdizione di queste, avanti al
tribunale che, come il giudice speciale, ha il potere di disporre la
sospensione dell'atto impugnato.
Articolo 24 - Riscossione della sanzione
1. Per la riscossione della sanzione si applicano le disposizioni sulla
riscossione dei tributi cui la violazione si riferisce.
2. L'ufficio o l'ente che ha applicato la sanzione puo' eccezionalmente
consentirne, su richiesta dell'interessato in condizioni economiche disagiate,
il pagamento in rate mensili fino ad un massimo di trenta. In ogni momento il
debito puo' essere estinto in unica soluzione.
3. Nel caso di mancato pagamento anche di una sola rata, il debitore decade
dal beneficio e deve provvedere al pagamento del debito residuo entro trenta
giorni dalla scadenza della rata non adempiuta.
1. Il comma 1 prevede espressamente che "per la riscossione della sanzione si
applicano le disposizioni sulla riscossione dei tributi cui la violazione si
riferisce". La norma, in questo modo, riconduce la materia al settore proprio
dell'esazione dei tributi, stabilendo l'applicabilita' di tutte le
disposizioni relative a questi ultimi. Si rendono cosi' applicabili, oltre
alle disposizioni sulla riscossione mediante ruolo dettate dal D.P.R. n. 43
del 1988 che riguardano la quasi totalita' dei tributi (artt. 63 e segg.), le
norme che disciplinano i versamenti diretti, se ed in quanto sia configurabile
autoliquidazione della sanzione da parte dell'autore della violazione e dei
coobbligati ed un pagamento indipendente dall'emanazione di un atto di
riscossione. Cosi', ad esempio, le previsioni in tema di versamento diretto
troveranno sicura applicazione nei casi in cui il ravvedimento disciplinato
dall'art. 13 esiga l'immediato pagamento della sanzione determinata tenuto
conto degli abbattimenti previsti in questa disposizione ed anche nelle
ipotesi di definizione agevolata della contestazione e della controversia
secondo le prescrizioni degli artt. 16 e 17; norme, queste, che collegano il
perfezionamento della definizione al pagamento della penalita' ridotta senza
intervento dell'ufficio o dell'ente.
2. I commi 2 e 3 si occupano, invece, della rateazione del pagamento,
stabilendo che l'ufficio o l'ente locale possono consentire, seppur
eccezionalmente e su richiesta dell'interessato, il pagamento in rate mensili
fino ad un massimo di trenta, anche se il debito puo' in ogni momento essere
estinto con il versamento dell'intera somma dovuta, ovvero della somma
residua.
Il beneficio che - lo si ripete - puo' essere concesso solo su
richiesta dell'interessato (e quindi dell'autore materiale, dei coobbligati o
di chiunque abbia interesse all'estinzione del debito ai sensi dell'art. 11,
comma 5) e' condizionato alla sussistenza di condizioni economiche disagiate
del richiedente.
Da questo punto di vista, la disposizione richiama quella espressa
nell'art. 26 della legge n. 689 del 1981 che gia' consente all'autorita'
amministrativa (o giudiziaria) che ha applicato la sanzione di disporre la
rateazione in presenza di condizioni economiche disagiate.
La valutazione del disagio economico deve essere compiuta, per quanto
interessa, direttamente dall'ufficio titolare del potere sanzionatorio. Si
rende quindi manifesta la necessita' che esso proceda alla verifica di tale
condizione tenendo conto, da un lato, delle ragioni addotte dal richiedente,
eventualmente suffragate da documentazione idonea (ad esempio, dichiarazione
dei redditi relativa ad anni d'imposta precedenti o all'anno in corso,
iscrizione nelle liste di collocamento o di mobilita', documentazione relativa
a condizioni familiari o di salute particolari, attestazioni bancarie dalle
quali si possa desumere una situazione debitoria dell'impresa tale da rendere
impossibile accessi ulteriori a linee di credito, ecc.) e, da un altro,
dell'interesse per l'amministrazione di conseguire il soddisfacimento del
credito, seppur dilazionato nel tempo.
Relativamente alle somme per le quali il pagamento e' stato
dilazionato sono dovuti gli interessi nella misura prevista per il tributo cui
la violazione si riferisce.
Infine il comma 3, onde evitare che la rateazione possa essere
strumentalizzata per ritardare il pagamento della sanzione oltre il limite
concesso dall'amministrazione, prevede che il mancato pagamento anche di una
sola rata comporta la decadenza dal beneficio e l'obbligo di estinguere il
debito residuo entro trenta giorni; scaduto tale termine, si potra' e dovra'
procedere a riscossione coattiva.
omissis
Articolo 30 - Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il 1 aprile 1998.
L'articolo 30 fissa al 1 aprile 1998 l'entrata in vigore del decreto
legislativo recante disposizioni generali in materia di sanzioni
amministrative per le violazioni di norme tributarie.
La stessa data di entrata in vigore e' stata fissata per i due decreti
legislativi (nn. 471 e 473 del 1997) di riforma delle sanzioni amministrative
relative ai singoli tributi.
Gli Uffici in indirizzo sono pregati di dare la massima diffusione al
contenuto della presente circolare.
by Guida Ici Dossier.net
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