INDENNITÀ DI ESPROPRIAZIONE (Art. 16 del D. Lgs. n. 504/92)

In base all'art. 16, comma 1, del D.Lgs. n. 504/92,
in caso di esproprio di una "area fabbricabile",
la relativa indennità viene ridotta ad un importo
pari al valore indicato nell'ultima dichiarazione Ici,
qualora questo stesso valore risultasse inferiore
all'ammontare della indennità di espropriazione
determinata secondo le disposizioni in vigore.
Tale norma interessa solo le "aree fabbricabili"
e non altri immobili suscettibili di esproprio.
Pertanto, vengono esclusi sia i "terreni agricoli",
sia quelle aree a cui l'Ici non può va applicata
(come ad esempio gli "orticelli", i "terreni incolti"
su cui non vengono esercitate attività agricole,
i terreni considerati pertinenza dei fabbricati).
In caso di espropriazione di un terreno agricolo
oppure di un'area non soggetta all'imposta Ici,
il calcolo dell'indennità di esproprio prescinde
da qualunque raffronto con il tributo comunale.

L'art. 16, comma 1, del D.Lgs. n. 504/92 stabilisce che, in caso di espropriazione di "area fabbricabile", l'indennità è ridotta ad un importo pari al valore indicato nell'ultima dichiarazione Ici presentata dall'espropriato, qualora detto valore risulti inferiore all'indennità di espropriazione determinata secondo le vigenti disposizioni.
La norma riguarda, quindi, solo le "aree fabbricabili" e non qualsiasi tipo di immobile assoggettabile ad esproprio. Sono pertanto da ritenersi esclusi sia i "terreni agricoli" sia quelle aree non comprese nel campo di applicazione dell' Ici (i cosiddetti "orticelli", i "terreni incolti" sui quali non vengono esercitate attività agricole, i terreni pertinenziali dei fabbricati). Nel caso, quindi, dell'espropriazione di un terreno agricolo o di un'area non soggetta all'Ici, il calcolo dell'indennità deve necessariamente prescindere da raffronti con il tributo comunale.

Il comma 2 del medesimo art. 16 si riferisce, invece, alle espropriazioni per pubblica utilità relative a qualsiasi tipologia di immobili. Esso prevede che, in caso di espropriazione, l'indennità deve essere maggiorata di un importo pari alla differenza tra l'imposta versata dall'espropriato o dal suo dante causa negli ultimi 5 anni e l'imposta che doveva essere versata sulla base dell'indennità di espropriazione.
Il procedimento di espropriazione viene così a rispondere a due principi:
  • quello di legalità, in virtù del quale i pubblici poteri (Stato e altri enti pubblici territoriali) possono procedere all'espropriazione solo nei casi previsti dalla legge e nel rispetto delle procedure fissate da disposizioni normative speciali;
  • quello di un equo indennizzo determinato secondo i criteri di legge.
Tali principi trovano fondamento nell'art. 42, terzo comma, della Costituzione secondo il quale "La proprietà privata può esere, nei casi previsti dalla legge e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale", e nell'art. 834 del Codice civile che recita: "Nesuno può essere privato in tutto o in parte dei beni di sua proprietà, se non per causa di pubblico interesse, legalmente dichiarata, e contro il pagamento di una giusta indennità.
Le norme relative all'espropriazione per causa di pubblico interesse sono determinate da leggi speciali".

Qualora il contribuente non abbia presentato alcuna dichiarazione o denuncia ICI, a prescindere dalla circostanza di avere o meno versato la relativa imposta dovuta, la Corte di Cassazione, sezione I civile, con sentenze n, 5283 del 22 aprile 2000 e n. 5933 del 10 maggio 2000, ha ritenuto inapplicabile la previsione di cui al primo comma dell'art. 16 in commento, costringendo l'ente espropriante a corrispondere l'indennità nella misura prevista dall'art. 5-bis del decreto legge n. 333 del 1992, così come modificato dal comma 65 dell'art. 3 della legge n. 662 del 1996.
Pertanto, se il contribuente ha provveduto alla presentazione tardiva della dichiarazione o denuncia, non concretizzandosi alcuna fattispecie omissiva, dovrebbe essere corrisposto l'indennizzo nella misura stabilita dalla disciplina ICI. Ovviamente il contribuente ha tempo di presentare la dichiarazione o denuncia fino a quando non sia stato avviato alcun accertamento da parte del comune impositore. Se però l'ente espropriante è un soggetto diverso dal comune impositore, il contribuente ha più tempo per provvedere all'adempimento tardivo.
Nel 2007 la Corte di Cassazione è tornata sull'argomento con la pronuncia n. 21433/2007. Essa ha affermato che l'omessa presentazione della dichiarazione Ici non impedisce al giudice di liquidare il giusto indennizzo di esproprio. L'inadempimento, pur rilevante sul piano tributario, non può comportare la negazione delle garanzie dell'esproprio, in ossequio ai principi costituzionali di tutela della proprietà.

Nei comuni che ai sensi dell'art. 59, comma 1, lettera l), numero 1, del D.lgs. n. 446/97 hanno adottato, nel proprio regolamento, l'obbligo della comunicazione in sostituzione dell'obbligo di presentazione della dichiarazione o denuncia, l'omissione della comunicazione concretizza, secondo l'interpretazione ministeriale, un'infrazione puramente formale non più sanzionabile. Pertanto, relativamente agli anni di vigenza della norma regolamentare, non opera la disposizione prevista dal comma 1 dell'art. 16 in commento (art. 59, comma 2, del D.Lgs. n. 446/97). Nel futuro, quindi, non dovrebbe più trovare applicazione la riduzione dell'indennità di espropriazione, essendo stato eliminato l'obbligo di presentazione della dichiarazione o denuncia ICI.
Va inoltre aggiunto che, con la soppressione della denuncia Ici, prevista dal decreto legge n. 223/2006, il limite massimo dell'indennità ancorata alla dichiarazione Ici è destinato a scomparire con la messa a regime del sistema di interscambio dei dati catastali tra Comuni e Agenzia del Territorio.

Infine, va ricordato che la particolare procedura di calcolo si renderebbe applicabile soltanto alle aree fabbricabili e non anche ai terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale. In quest'ultima ipotesi, l'indennità dovrebbe essere corrisposta nella misura prevista dalla legge n. 865 del 22 ottobre 1971 e, quindi, senza essere confrontata con il valore fiscale, anche se i terreni sono compresi negli strumenti urbanistici generali o attuativi.